La crisi politica in Moldova

Il governo della Moldova guidato da Pavel Filip nel pomeriggio di venerdì 14 giugno ha annunciato le dimissioni per mettere fine al caos politico scoppiato nel piccolo Paese ex sovietico, ma ha chiesto che vengano indette elezioni anticipate. La Moldova negli ultimi giorni è scossa da profonda crisi istituzionale, a causa della rivalità tra due governi diversi  e due esecutivi. Uno è il governo di Pavel Filip, in carica dal 2016 e legato al Partito Democratico dell’oligarca Vladimir Plahotnyuk. L’altro è il governo della prima ministra Maia Sandu, nato dopo mesi di stallo elettorale grazie a un’alleanza inedita tra i parlamentari del blocco pro Europa Acum e i filorussi del Partito Socialista del presidente Igor Dodon, entrambi interessati ad estromettere gli oligarchi. Domenica scorsa la corte suprema aveva sospeso il presidente Igor Dodon. Pavel Filip, nominato suo sostituto ad interim, ha sciolto le camere e annunciato elezioni anticipate per settembre.

Si tratta di una crisi politica molto grave. Ma che vede per una volta Russia e Occidente sostanzialmente d’accordo. Sandu ha infatti dalla sua alcuni dei principali Paesi europei, ma anche il Cremlino: un fatto più unico che raro per una premier pro-Ue. Contro il suo Consiglio dei ministri bicolore c’è però ovviamente il discusso Plahotnyuk, accusato di corruzione, e che in Moldova fa spesso il buono e il cattivo tempo. E così domenica scorsa la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il governo della filo-occidentale Maia Sandu, ha sospeso il filorusso Igor Dodon dalla carica di presidente e al suo posto ha nominato capo di Stato ad interim Pavel Filip, leader dell’altro governo, quello fedele al ricchissimo Plahotnyuk. Filip ha subito sciolto il Parlamento e ha indetto elezioni anticipate per il 6 settembre. Secondo la Corte Costituzionale moldava, il Parlamento avrebbe dovuto votare la fiducia a un nuovo esecutivo entro tre mesi dal suo insediamento, cioè entro venerdì della scorsa settimana. Il governo a metà filorusso e a metà pro-Ue sarebbe insomma sorto troppo tardi a causa dell’impasse politica seguita alle elezioni legislative dello scorso febbraio, da cui era uscito fuori un Parlamento spaccato in tre fette quasi uguali tra i socialisti filorussi e le due fazioni filo-occidentali rivali tra loro, ovvero l’alleanza Acum e il Partito Democratico. La nuova coalizione assicura però di aver rispettato i tempi. E molti la pensano come lei.

In una dichiarazione congiunta, Francia, Germania, Polonia, Svezia e Gran Bretagna avevano espresso il loro sostegno al nuovo Parlamento sottolineando che ha adottato importanti decisioni, «compresa la formazione di un governo».

Giuseppe Agliastro, pubblicato su La Stampa