I paesi governati dalle donne hanno risposto sistematicamente meglio alla pandemia da Covid-19. Secondo un recente studio, le nazioni in cui sono al potere le donne fino a questo momento hanno sofferto meno a causa del nuovo coronavirus, registrando in media almeno la metà dei morti. Non è certo un mistero che la Nuova Zelanda di Jacinda Ardern, la Germania di Angela Merkel, la Danimarca di Mette Frederiksen, la Finlandia Sanna Marin e l’isola di Taiwan di Tsai Ing-wen siano tra i paesi più virtuosi per la gestione dell’emergenza sanitaria. Tutti questi paesi hanno un tratto comune: avere al potere figure femminili che hanno dimostrato di saper applicare misure contenitive e politiche lungimiranti ed efficaci.

Lo studio pubblicato dal Centre for Economic Policy Research e dal the World Economic Forum però va oltre e paragona questi esempi positivi ai paesi vicini, simili per popolazione totale, Pil, densità abitativa e percentuali di cittadini più anziani, spesa annuale pro capite per la sanità e uguaglianza di genere. Il risultato della comparazione rende evidente che le donne si dimostrano più capaci di fronte ai rischi non calcolabili. Avrebbero fatto la differenza: la decisione di imporre il lockdown presto, l’aver favorito politiche di prevenzione e le buone capacità comunicative delle leader. Un mix di fattori che ha messo al primo posto l’esigenza di preservare la vita umana, una strategia che in futuro potrebbe avere effetti benefici anche per l’economia, benefici tuttavia, per adesso, non quantificabili. «I risultati della nostra ricerca dimostrano che le leader donne reagiscono più velocemente e in maniera più decisa poste di fonte al rischio di mortalità», ha detto al Guardian Supriya Garikipati, economista dello sviluppo della Liverpool University co-autrice dello studio con Uma Kambhampati. Non è solo merito delle singole personalità di queste donne al potere. Secondo lo studio, tale atteggiamento dipende anche dalla psicologia femminile, dall’essere più caute ed empatiche degli uomini e quindi anche più capaci di comunicare. Proprio l’empatia e il pragmatismo sono punti a favore di Jacinda Ardern, che è rimasta in contatto con i cittadini attraverso le dirette su Facebook, in felpa, la sera, dopo aver messo a letto la bimba. Sanna Marin, invece, primo ministro 34enne della Finlandia, che governa con una coalizione di partiti a guida femminile, ha fatto registrare il 10 per cento in meno di morti della vicina Svezia.

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Così, mentre l’Irlanda ha registrato fino a questo momento 27,547 casi confermati di infezione da Covid e 1,775 morti (dati dell’Oms), la Nuova Zelanda, paese simile anche per popolazione totale, al di sotto cioè dei 5 milioni di persone, ha registrato 1,304 casi e 22 morti. La Germania, invece, ancora secondo l’Oms, conta in data 20 agosto 228,621 casi e 9,253 morti. Il Regno Unito di Boris Johnson, paese simile e prossimo alla Germania, riporta 321,102 casi e 41,397 morti. Se andiamo in Asia, la situazione non cambia di molto, anche se il contesto è ben diverso per ovvie ragioni. Il Bangladesh di Sheikh Hasina, una donna appunto, conta 285,091 casi di Covid e 3,781morti; Il Pakistan di Imran Khan, simile al Bangladesh perché con una popolazione totale superiore ai 150 milioni di persone, è messo peggio con oltre 290 mila casi e più di 6mila morti, quasi il doppio.

In this Jan. 28, 2020, file photo, New Zealand Prime Minister Jacinda Ardern talks to reporters at Parliament in Wellington, New Zealand. Ardern barely skipped a beat when an earthquake struck during a live television interview Monday morning, May 25. She interrupted Newshub host Ryan Bridge to tell him what was happening at the parliament complex in the capital, Wellington. (AP Photo/Nick Perry, File)

Pubblicato Su Il Mattino