L’Ecuador ha subito 40 milioni di attacchi informatici dallo scorso 11 aprile, ovvero da quando il Governo di Quito ha revocato l’asilo a Julian Assange rendendo possibile l’arresto del fondatore di Wikileaks da parte delle autorità britanniche. Il viceministro delle Telecomunicazioni dell’Ecuador, Patricio Real, ha detto in conferenza stampa che gli attacchi hanno colpito le pagine e i siti web di diverse istituzioni, come la presidenza, i Ministeri degli Esteri e dell’Interno e la Banca centrale. Di colpo, nel pomeriggio dell’11 aprile l’Ecuador è salito dal 51 esimo al 31 esimo posto nella classifica mondiale delle vittime di attacchi informatici. Il Governo di Quito ha specificato inoltre che gli attacchi sarebbero raddoppiati dal giorno in cui è stato revocato l’asilo ad Assange, rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra dal 2012. Il Ministro Real ha detto che è molto difficile identificare con precisione gli hacker responsabili degli attacchi, ma ha lasciato intendere di avere forti dubbi sul gruppo Anonymous. Real ha spiegato che non è avvenuto alcun furto di informazioni e dati governativi, ma è stato impossibile agli addetti ai lavori e ai cittadini accedere ai siti web. Il Paese sudamericano riceverà assistenza da Israele per fronteggiare questo tipo di minaccia, ha affermato ancora il Ministro. Ieri il Guardian ha scritto che il Governo di Londra con due lettere aveva rassicurato il presidente dell’Ecuador Moreno che Assange non sarebbe stato estradato in nessun Paese dove è prevista la pena di morte. Le due lettere, visionate dal giornale britannico, sono a firma del segretario agli Esteri Jeremy Hunt e del suo predecessore Boris Johnson. Le missive sono datate rispettivamente 7 marzo 2018 e 10 agosto 2018 e confermano quanto previsto dalla legge britannica, ovvero che non si può estradare nessuna persona in un Paese dove è prevista la pena capitale.