L’ex presidente egiziano Mohammed Morsi è morto ieri 17 giugno in tribunale a causa di un infarto. Il leader dei Fratelli musulmani, e primo presidente eletto democraticamente in Egitto, era comparso in aula nell’ambito di un processo a suo carico per spionaggio. Per i suoi seguaci, Morsi sarebbe stato assassinato. Il commento:
Morire avrebbe dovuto già quattro anni fa, quando i magistrati lo avevano condannato alla pena capitale assieme a un centinaio tra capi e attivisti dei Fratelli Musulmani, in quel caso per aver partecipato all’evasione dal carcere di Wadi El Natroun, a nord del Cairo, alla fine di gennaio del 2011. Pochi giorni prima i manifestanti avevano invaso le strade della capitale, conquistato piazza Tahrir, e il regime di Hosni Mubarak aveva reagito con il riflesso poliziesco: arrestare i boss islamisti, considerati i più organizzati, gli unici — secondo i servizi segreti interni — a poter sostenere e coordinare le manifestazioni. Un errore di calcolo: nel centro della città — e in quei diciotto giorni della rivoluzione — convergono tutti, anche i giovani laici che hanno sempre temuto i fondamentalisti, uniti dall’obiettivo di mandare a casa il raìs dopo trent’anni al potere.
Figlio di contadini, laureato in ingegneria, non sembrava destinato a guidare i Fratelli Musulmani e per un anno (2012-2013) tutto l’Egitto. Meno carismatico degli altri leader, era stato accusato di non aver saputo governare, di aver scelto come ministri i burocrati del partito senza esperienza, di aver causato con l’incompetenza i disordini e le proteste nel Paese, la nuova rivolta degli stessi ragazzi che avevano affiancato i suoi sostenitori in piazza Tahrir.
Il caos è stato sfruttato da Abdel Fattah Al Sisi per decretare la fine dell’esperimento ai vertici per i Fratelli Musulmani. Il generale ha tolto la divisa per la prima volta in una quarantina d’anni, si è annodato la cravatta sotto il completo scuro ed è già stato eletto presidente due volte con percentuali poco democratiche alla Mubarak. Che nel nuovo vecchio Egitto è stato assolto dalle accuse di omicidio per l’uccisione dei manifestanti nel 2011 e in una rara intervista ha espresso il suo appoggio a quello che considera l’unico successore. L’epoca Morsi è stata per lui una interruzione senza valore nella linea dinastica dei militari: «Il popolo vuole Sisi».
Davide Frattini, pubblicato sul Corriere della Sera, leggi l’articolo completo
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