Le minacce alla sicurezza europea, la difesa comune, il ruolo della Nato e le difficoltà di organizzare una politica estera condivisa. Il Generale Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore dell’aeronautica e della difesa, personalità di visione strategica e di grande esperienza, delinea uno scenario articolato entro cui collocare gli eventi internazionali dei nostri giorni. Ecco la prima parte dell’intervista concessa a Filippo Romeo e Alberto Cossu per Oltrefrontiera News.
Quali sono le principali minacce strategiche di ordine militare, politico ed economico per la sicurezza dell’Unione Europea?
Le principali minacce sono di tipo non convenzionale dal momento che abbiamo un arco di instabilità molto ampio che ruota intorno ai Paesi europei con delle situazioni strategiche radicalmente differenti l’una dall’altra. Una cosa è quello che accade sulla costa Nord dei Paesi costieri dell’Africa sul Mediterraneo, altra cosa è quello che accade in Ucraina piuttosto che in Medio Oriente, oppure ai confini della Turchia. Sono situazioni di grave instabilità che potrebbero comunque creare dei problemi di sicurezza ai nostri Paesi e in cui spesso l’unico strumento di pronto uso sono le forze armate.
La Federazione Russa è considerata un paese che potenzialmente potrebbe minacciare la sicurezza economica, politica, energetica e informatica europea. Su questo ultimo punto le preoccupazioni sono piuttosto alte, in considerazione anche delle vicende che hanno coinvolto grandi player di Internet nella vendita di dati personali in violazione della norme per la tutela della privacy. Quali sono le prospettive per i prossimi anni?
La Russia è stata messa, e si è messa, in posizione antagonista rispetto all’Occidente (e di questo ne possiamo discutere) evidenziando comportamenti che non sono in linea con i Paesi occidentali. Quindi, da questo punto di vista, la Russia può essere considerata, per come è stato evidenziato anche dal documento strategico americano, un competitor. Se questa competizione può avere aspetti di aggressività lo temiamo nei confronti dell’Ucraina e dei Paesi della NATO; i Paesi Baltici, in particolare, temono questa eventualità. È chiaro che la Russia ha sviluppato tutta una serie di capacità, anche puramente militari, di tipo cosiddetto “ibrido”, che possono essere preoccupanti per i Paesi occidentali. La sicurezza cyber è un elemento molto importante e siamo tutti consapevoli della vulnerabilità delle nostre reti di comunicazione che hanno il controllo dell’industria dell’energia, dei flussi finanziari, degli ospedali. Pertanto, è ovvio che nel caso vi fosse un attacco serio nei confronti di queste reti, le nostre società potrebbero subire dei danni estremamente gravi. Bisogna, dunque, attrezzarsi – cosa che i nostri Paesi mi risulta stiano già facendo – tenendo conto, tuttavia, che si tratta di un settore dove i ritmi di sviluppo sono rapidissimi. A tal proposito, basti considerare che per sviluppare un sistema d’arma come un aeroplano, l’Eurofighter, ci sono voluti 24 anni, mentre per sviluppare un’arma cyber bastano pochi giorni. Dunque, attrezzarsi per la difesa contro queste minacce richiede altrettanta rapidità.
Che cosa pensa delle sanzioni alla Russia. Sono state realmente efficaci o stanno invece spingendo la Federazione a spostare l’asse degli interessi verso Oriente e a raffreddare il rapporto con l’Occidente e l’Europa?
Io credo che, dal punto di vista della grande strategia, la Cina possa rappresentare per la Russia un avversario piuttosto che un possibile alleato. Le grandi pianure della Siberia, ancorché inospitali, certamente non sono oggetto di desiderio sconosciuto per la Cina che ha, per come è ben noto, problemi di sovrappopolazione. Quindi, da questo punto di vista, io non credo che nel lungo periodo possa profilarsi una vera alleanza strategica tra Cina e Russia. Ci possono essere degli interessi convergenti momentanei, ma non un’alleanza strategica. Per quanto concerne l’efficacia delle sanzioni, consideriamo che la Russia è un grande Paese con problemi altrettanto grandi dal momento che ha un’economia molto più fragile delle nostre perché basata essenzialmente sulla rendita energetica. L’industria russa, tranne in alcuni settori della difesa, non ha saputo innovarsi per cui la produttività del sistema industriale russo è molto modesta se comparata con la nostra. Dal punto di vista demografico la Russia è un Paese che soffre più di noi il calo delle nascite e la bassa speranza di vita. È il Paese occidentale che negli ultimi anni, diversamente da quanto accade nei nostri Paesi europei, ha maggiormente subito una diminuzione della speranza di vita media a causa delle condizioni di caos e dell’alto tasso di alcolismo. In definitiva, appare chiaro che in una situazione di questo tipo l’applicazione di sanzioni economiche genererà nel “lungo periodo” degli effetti preoccupanti, effetti che possono in qualche modo rassicurare circa la loro efficacia, che, tuttavia, nel “breve periodo” non rivelerà nessun effetto significativo ( così come non lo hanno mai avuto nel passato e non lo avranno nel futuro). Dunque, essendo misure che vanno ad incidere sulla qualità di vita, il loro peso è destinato ad avvertirsi solo dopo un certo periodo dalla loro attuazione.
Le vicende della Siria dicono che la Russia può rappresentare un player a cui fare riferimento per avviare un processo di pace nel Vicino Oriente e, soprattutto, un interlocutore per la sicurezza europea. Quale il suo pensiero in merito?
Questo è stato il leitmotiv della politica “putiniana” di questi ultimi anni: la Russia non è un Paese di cui ci si possa dimenticare, è un player globale, sicuramente con un’importanza determinante da un punto di vista regionale. In estrema sintesi, la linea della politica di Putin è a mio avviso la seguente: “qualsiasi cosa voi decidiate circa gli eventi che accadono in determinate regioni, non potete fare a meno di dialogare con noi”. La cosa ha funzionato nei confronti della Siria e io credo che nel settore mediorientele, nonostante tutti i problemi che ha, la Russia rimane un giocatore con cui occorre fare i conti e con cui occorre confrontarsi. Mi spiace notare che da questo punto di vista l’Unione Europea, come purtroppo spesso accaduto nel passato, non abbia una sua identità unitaria che possa contribuire a confrontarsi con la Russia come con gli altri attori della regione. Siamo sempre alle solite, abbiamo alcuni Paesi che fanno politiche nazionali, che difendono gli interessi nazionali, ma non esiste un’ Unione Europea che di fronte a questa Russia sarebbe indispensabile.
Segue…
Autori
Filippo Romeo, Analyst of Vision & Global Trends
Alberto Cossu, Analyst of Vision & Global Trends
Redazione
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