Merkel_Erdogan

Mentre Berlino e Ankara mettono a punto il cerimoniale per la nuova visita in Germania del presidente turco Recep Tayyip Erdogan prevista per la fine di settembre, una nuova polemica rischia di alzare di nuovo la tensione tra i due Paesi profondamente legati – in Germania vivono circa 3 milioni di turchi – ma di fatto divisi su tutto.

La Turchia dal giorno dopo del “golpe farsa” del 15 luglio 2016, punta il dito contro la Germania accusandola di ospitare esponenti del movimento “Hizmet” di Fethullah Gülen, ritenuto da Erdogan – peraltro senza prove – il mandante del tentato putch. Ma non solo. Ankara accusa la Germania persino di proteggere le attività in territorio tedesco degli esponenti del PKK curdo (Partito dei Lavoratori del Kurdistan). Per contro la Germania accusa – con le prove – il governo di Ankara di diffondere attraverso la più grande organizzazione islamica turco-tedesca della Germania DITIB (Türkisch-Islamische Union der Anstalt für Religion), intolleranza, antisemitismo e il verbo nazionalista del partito di governo turco AKP (Partito per la Giustizia e lo Sviluppo).

 

L’influenza degli imam turchi in Germania

DITIB, che non è certo una piccola organizzazione visti gli 800mila iscritti e le 900 moschee sotto il suo controllo, negi ultimi anni è diventato un partner molto scomodo per il governo tedesco. Qualche esempio. Il DITIB non ha partecipato alla marcia contro il terrorismo di matrice islamista organizzata il 17 giugno 2017 a Colonia. Sempre nel 2017, a gennaio, è scoppiato lo scandalo degli “imam spioni” al servizio di Ankara, fuggiti poco prima dell’arresto per aver schedato per anni cittadini turchi residenti in Germania, oppure per aver violato la legge facendo campagna elettorale a favore del presidente in vista del referendum sulla Costituzione turca. I 12 imam sono fuggiti prima dell’arresto e naturalmente Ankara non li estraderà in Germania.

Non è tutto visto che tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 sono venute alla luce diverse vicende che hanno visto i servizi di intelligence turchi come protagonisti in Germania, Austria e Svizzera. Non è certo un segreto che gli agenti del MIT (Millî İstihbarat Teşkilâtı – Organizzazione di Informazione Nazionale) in Europa sono migliaia e hanno il compito di schedare le attività dei turchi immigrati nei vari paesi europei. Sono numerosi i casi, anche nelle univesità, in cui vengono schedati i partecipanti a convegni “sgraditi” al regime, come quelli sul genocidio commesso dai turchi in Armenia tra il 1915 e il 1916 (1,5 milioni di morti).

Nel 2018 altro scandalo. Sono stati diffusi dei video girati in spazi del DITIB nei quali alcuni bambini vestiti con uniformi militari e bandiere turche ricreavano scene di guerra diffondendo il verbo nazionalista dell’AKP. Nella rievocazione messa in scena della Battaglia di Gallipoli (1915-1916) i bambini simulavano la guerra mentre le ragazze con il capo coperto intonavano “Il proiettile che ti ha colpito lo sento nella mia pancia. Mio martire, dormi pacificamente”. A sovraintendere le attività del MIT e del DITIB in Europa c’è il potentissimo Ministero del Culto turco (Dyanet) che controlla il battito cardiaco della nazione un tempo laica plasmata in regime islamico da Erdogan.

 

La crescita della radicalizzazione in Germania

Per tornare allo strappo delle istituzioni tedesche qualche giorno fa sono improvvisamente spariti dai preventivi di spesa governativi federali per il 2019 le sovvenzioni al DITIB e lo stesso è stato fatto per il 2018. Parliamo di molti soldi, basti pensare che tra il 2014 e il 2017 al DITIB sono arrivati 6 milioni di euro per sostenere progetti di integrazione gestiti dai suoi imam (solo nel 2017 hanno interessato 350 moschee tedesche).

Che la pazienza tedesca sia terminata lo ha detto senza mezze misure il portavoce della CDU (Unione Democratica Cristiana), Christoph de Vries: «Chiunque diffonde il nazionalismo e si diffonde l’odio contro i cristiani, ebrei o persone senza fede, che spia dalla Germania per il governo turco, non può essere considerata un partner nella lotta contro l’estremismo religioso. Se il governo ha adottato questa misura di sospendere i fondi, è perché tiene conto di questi fattori e ha agito di conseguenza».

La clamorosa decisione arriva dopo la presentazione di uno studio dell’Ufficio federale di polizia criminale che nello studiare il fenomeno della crescita esponenziale della radicalizzazione in Germania ha rivelato alcuni dati: il 48% di coloro che aderiscono alle forme piu estreme dell’islam lo fanno in moschea mentre il 44% utilizza il web. Cè poi la radicalizzione in famiglia, un fenomeno non certo da trascurare visto che interessa moltissimi minorenni. Gli estremisti salafiti arrivati alla soglie delle 11.000 unità in Germnia battono senza tregua le 2.600 moschee tedesche lavorando su cuore e menti di giovani immigrati e tedeschi convertitisi all’islam. Non ci sono solo loro. I predicatori del male attivi in Germania sono infatti sempre piu attivi nei centri per migranti e nelle associazioni che si occupano di loro, tra le quali proprio quelle del DITIB.

I numeri sono sempre importanti. Nel 2015 furono circa 900.000 i richiedenti asilo accolti in Germania. Più del 70% di loro erano di religione musulmana e almeno un terzo arrivava dalla Siria. Oggi moltissimi di loro, non conoscendo il turco, prediligono le moschee dove gli imam predicano in arabo. Luoghi molto spesso finanziati dall’Arabia Saudita e da altri paesi del Golfo Persico dove prevale la dottrina wahhabita-salafita. È dunque qui che i “lupi vestiti da agnelli” attendono i migranti e i disadattati di ogni tipo con vestiti nuovi, giocattoli e cioccolato per i bambini. Ed è sempre qui che professano quello che scrisse l’islamista egiziano Sayyid Qutb: «è nella natura dell’islam dominare, anziché essere dominato, imporre la propria legge a tutte le nazioni e allargare il proprio potere all’intero pianeta».