La decisione americana di riconoscere Gerusalemme come capitale israeliana non è, come molti pensano, un’idea di Donald Trump, ma un atto dovuto secondo quanto stabilito dal Gerusalem Act del 1995.
Con esso, il Congresso americano ha votato di trasferire nella città santa la propria ambasciata. Soltanto che da allora con un trucco burocratico, l’applicazione del Gerusalem Act è stata rimandata di sei mesi in sei mesi, sino a che l’attuale presidente americano non ha rimediato.
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A ogni modo, la decisione di Trump di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme è al tempo stesso il segnale dell’inizio di una nuova stagione politica per il Medio Oriente, dove il mondo arabo-sunnita, uscito fortemente indebolito dalla guerra siro-irachena, ha tutto da guadagnare. Almeno, secondo il principe Mohammed Bin Salman, futuro re dell’Arabia Saudita e astro nascente della politica di uno dei Paesi più influenti della regione.
Per Israele, ovviamente, sarebbe un sogno che si avvera. Che poi questo sia il preludio a un futuro di pace e prosperità, bè, questa è tutta un’altra storia.

Redazione
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