Cosa si è detto al convegno tenutosi al Centro Studi Americani di Roma il 13 aprile dal titolo “Cybersecurity. Amministrazione pubblica e imprese sicure”. Il secondo di tre eventi organizzati in partnership con Open Gate Italia e Paesi Edizioni

Ransomware è un programma informatico malevolo. La sua pericolosità consiste nell’“infettare” smartphone, pc, tablet e smart tv che usiamo ogni giorno, bloccando l’accesso ai contenuti che ci sono dentro per poi chiedere un riscatto in cambio del loro rilascio. Sembra la trama di una spy story, e invece è una dinamica con cui istituzioni e imprese di vario livello stanno facendo i conti ormai da tempo anche in Italia.

Questi e altri argomenti, sempre più “caldi” da quando la Russia invadendo l’Ucraina lo scorso 24 febbraio ha elevato il livello di minaccia informatica nei confronti dell’Occidente, sono stati al centro del convegno tenutosi al Centro Studi Americani di Roma il 13 aprile dal titolo “Cybersecurity. Amministrazione pubblica e imprese sicure”, il secondo di tre eventi organizzati in partnership con Open Gate Italia e Paesi Edizioni.

Ai saluti iniziali del direttore del Centro Studi Americani Roberto Sgalla e a un’introduzione di Andrea Morbelli,  head of public affairs di Open Gate Italia, è seguito l’intervento di Nunzia Ciardi, vice direttore generale dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, che sul tema degli attacchi Ransomware ha sottolineato la necessità di uno scatto in avanti del nostro Paese. «In Italia abbiamo livelli di Ransomware tra i più alti a livello internazionale – ha dichiarato – Se in passato veniva chiesto un riscatto per rilasciare i dati che erano stati sottratti, la difesa più ovvia era limitarsi a creare un back up di questi dati». Oggi non è più così. Perché le strategie criminali sviluppate attorno all’uso di questo strumento di offesa si sono sempre più affinate. E perché la parte offesa, seppur in ritardo, ha maturato una maggiore coscienza dell’entità del problema.

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