I volti della repressione in Iran

L’Organizzazione non governativa Nessuno tocchi Caino torna a porre l’attenzione sulla violazione sistematica dei diritti umani in Iran. In vista dell’imminente aggiornamento della lista UE dei soggetti a misure restrittive per gravi violazioni dei diritti umani, l’Ong ha presentato la pubblicazione “I volti della Repressione”, dedicata all’Iran, presso il Senato della Repubblica Italiana. La pubblicazione descrive i profili di 23 esponenti del regime iraniano che, dalla rivoluzione khomeinista alle più recenti proteste di piazza, si sono resi responsabili di brutali repressioni. Con il loro inserimento nella lista, gli organizzatori augurano che l’UE possa avere l’occasione di esprimere solidarietà al popolo iraniano, oppresso da 40 anni, evitare complicità nei crimini commessi e preservare la credibilità del proprio impegno a tutela e promozione dei diritti umani e dello Stato di Diritto. Durante la presentazione del dossier è stata anche lanciata la campagna #bisharf, che in persiano vuol dire vergogna, che si avvarrà dell’utilizzo dei social media.

Ai lavori, hanno partecipato il senatore Roberto Rampi, Elisabetta Zamparutti, Tesoriere di Nessuno tocchi Caino, l’Ambasciatore Giulio Maria Terzi di Sant’Agata, già Ministro degli Esteri, membro di In Search of Justice, il senatore Lucio Malan, Laura Harth, Rappresentante all’ONU del Partito Radicale, Mahmoud Hakamian, per la Resistenza Iraniana e Elisabetta Rampelli, dell’Unione Italiana Forense.

Durante l’introduzione al dibattito Elisabetta Zamparutti ha dichiarato: «Stiamo presentando un dossier per descrivere i volti della repressione. Una repressione che dura da 40 anni e che attraverso l’inserimento di tali figure nella lista dell’Unione Europea possiamo incidere ancora di più nella denuncia al dispotismo delle autorità iraniane». Nella lista dell’Europa dei soggetti a misure restrittive per gravi violazioni dei diritti ci sono più di 80 persone e la campagna chiede l’aggiornamento con nuovi ulteriori 23 nomi.

Oggetto di analisi, durante i lavori, sono stati i profili di cinque personalità della violazione dei diritti dell’Iran: Mahmoud Alavi, attuale ministro dell’Intelligence iraniana e strenuo difensore della Repubblica Islamica; Ebahim Raisi, attuale capo della magistratura iraniana, già sotto sanzioni americane per le gravi violazioni dei diritti umani che ha compiuto; Hossein Ashtati, capo della polizia della Repubblica Islamica, istituzione coinvolta non solo nel mantenimento della sicurezza dal punto di vista fisico, ma anche di quello “morale e sociale”, che mira a far preservare e rispettare l’ideologia islamica nel paese; Azari Jahromi, giovane ministro della tecnologia del regime che ha bloccato l’accesso alla rete durante le ultime manifestazioni e che risulta già coinvolto nelle stesse attività, contro la libertà di accesso ad internet, nel periodo delle grandi manifestazioni del 2009 e Hossein Salami, attualmente capo del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica e tra i più grandi nemici dello stato di Israele, che ha pubblicamente più volte invocato la “cancellazione del regime sionista di Israele”.

Intervento importante anche quello di Giulio Terzi che ha ribadito: «Grazie a questa iniziativa vogliamo far vedere i volti di coloro che si sono resi protagonisti delle più grandi torture al mondo e vogliamo far vedere questi volti anche alle nostre istituzioni nazionali. Parliamo di criminali seriali, assassini pronti ad uccidere donne e bambini. Come fanno le nostre istituzioni a non provare disgusto quando siedono, incontrano e intrattengono relazioni con questi individui? Sono ammirato dal comportamento dello stato dell’Albania, per la forza che tale paese sta mettendo nell’aprire e ospitare la resistenza iraniana, in fuga dal regime clericale e fascista».

Considerazioni condivise anche dai senatori Malan e Rampi, dall’esponente all’Onu del Partito Radicale Laura Harth ed Elisabetta Rampelli che hanno ricordato di come l’informazione abbia con l’Iran un trattamento “particolare” e l’urgenza di far dotare anche all’Italia di uno strumento giuridico quale il “Magnitsky Act“, già adottato in altri stati europei e in Canada. «Ogni volta che si parla di Iran, l’informazione tende a giustificare il regime e a non dare voce a quelle che sono le richieste di civiltà e diritto provenienti dal popolo iraniano. Si pensi anche al ruolo delle donne in Iran e alla loro continua violazione dei diritti fondamentali», ha dichiarato il senatore Malan.

Inoltre, Rampi ha sottolineato con determinazione la volontà e il dovere di solidarizzare con il popolo iraniano: «Non siamo contro il popolo iraniano ma contro l’autoritarismo dell’attuale regime in Iran. Il popolo iraniano è un popolo dalla grande storia e speriamo di vederlo presto libero dall’oppressione che sta vivendo, con elezioni libere e democratiche». «Di fronte a tale tragedia – hanno dichiarato i vari relatori – l’Italia non pone il rispetto dei diritti umani quale unico indice, serio e riconosciuto per valutare se un paese rappresenta una minaccia alla pace e alla sicurezza». D’altro canto, stiamo analizzando un regime che ha tra i propri ingranaggi istituzionali, organismi quali la “commissione della morte” che nel 1988, nel giro di poche settimane, si rese responsabile del massacro di 30.000 prigionieri politici. Oggi, molti di tali esponenti ricoprono incarichi istituzionali di prestigio e guida nel paese, come il Ministro della Giustizia, Ebrahim Raisi.

PHOTO: Iranian Presidential candidate Ebrahim Raisi speaks during a campaign meeting at the Mosalla mosque in Tehran, Iran, May 16, 2017. REUTERS/TIMA/File Photo