Il futuro di Netanyahu e il risveglio arabo

Le elezioni in Israele, le seconde in cinque mesi, sono state indette perché la coalizione di destra di Benjamin Netanyahu non era riuscita ad avere una maggioranza in Parlamento. Le ultime elezioni hanno segnato la sconfitta di Netanyahu a favore del partito rivale Blu e Bianco, il maggiore partito centrista in Israele. In base ai voti scrutinati, il futuro del premier sembra in questione perché il suo partito Likud è arrivato a 31 seggi, mentre il rivale Benny Gantz del partito Blu e Bianco ne ha conquistati 33, aggiudicandosi le elezioni. Nessuno dei due, però, ha abbastanza voti per dare vita a un esecutivo di maggioranza.

Netanyahu ha perso la sicurezza di essere riconfermato alla guida del governo, per il premier uscente diventa ora più complicato riuscire a schivare i procedimenti giudiziari in corso contro di lui, tra cui quello per corruzione, perché ha perso l’immunità parlamentare. Questo voto potrebbe segnare la fine dell’era Netanyahu, al potere dal 2009, e cambiare la politica israeliana, anche se non è così scontato. Il dato più rilevante, sembra essere tuttavia un altro, vale a dire il risveglio degli arabi-israeliani. Un gigante che dormiva, secondo un editorale del quotidiano Haaretz, e che sarebbe stato destato dallo stesso Netanyahu.

Dal momento che Blu e Bianco ha ottenuto più seggi di Likud, è probabile che riceva l’incarico di formare una coalizione di governo dal capo di Stato Rivlin. Netanyahu si è appellato a Gantz per dare vita a un governo di unità nazionale con Lieberman e il Likud, richiesta alla quale il rilave ha ripsosto: «Intendo formare un governo di unità ampio e liberale, ma sotto la mia leadership». Gantz ha inoltre spiegato che accetterebbe solo nel caso in cui Netanyahu escludesse gli alleati ultra-ortodossi. L’uomo a cui guardare ora è il “cinico” e calcolatore Lieberman, che prima ha portato il Paese a nuove elezioni e ora, proprio come nei suoi piani, ha aumentato i seggi in Parlamento, ne ha ottenuti 9, e può permettersi di fare da ago della bilancia.

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Alle elezioni di aprile meno arabi-israeliani si erano recati alle urne rispetto a cinque anni fa, il dato mostrava che la loro disaffezione per la politica era in aumento ed era ormai una costante. Questo trend consolidato è stato smentito dalle elezioni di settembre, appena pochi mesi dopo. L’affluenza, fino ad ora in calo, è aumentata ed ha supeato il 60%, oltre dieci punti in più rispetto ad aprile. In qualche modo, potremmo dire che gli arabi non andavano più a votare perché sapevano di non poter fare alcuna differenza. Stavolta, però, sarebbe andata diversamente. Gli arabi-israeliani hanno capito che queste elezioni contavano più delle altre, erano forse l’unica vera occasione di cambiare Israele e poter aiutare il Paese a diventare “più normale”. Molti si sarebbero recati ai seggi già a prima mattina per evitare la calca, spinti e aiutati da attivisti e volontari che spiegavano loro come esprimere il voto nella forma più corretta. Il risveglio arabo sarebbe la vera vittoria su Netanyahu e sulle sue folli politiche di annessione.