In questi giorni l’India è al centro dell’attenzione internazionale per la posizione nei confronti della Russia, non avendo espresso alcuna condanna per l’attacco all’Ucraina, e per non applicare le sanzioni imposte alla Federazione, soprattutto quelle relative all’embargo sul petrolio. Tra i motivi del crescente acquisto di petrolio che contrasta con la politica sanzionatoria Usa ed europea, è stata indicata la dipendenza militare dalla Russia del subcontinente indiano che, in qualche modo, condizionerebbe le scelte del governo Modi. Un’interpretazione riduzionistica che non tiene conto dell’ampia azione di politica estera di questo Paese che sotto l’amministrazione Modi, e con il ministro degli Esteri Jaishankar, si sta dispiegando su una dimensione che la spinge oltre la tradizionale area di influenza di livello regionale.

La politica verso la Russia è l’esito di un processo che recentemente ha avuto come momenti topici gli incontri tra i due leader, Modi e Putin, a Vladivostock nel 2019 e a New Delhi nel dicembre del 2021. In particolare quest’ultimo incontro ha portato alla firma di diversi accordi di collaborazione tra l’India e la Federazione Russa che non sono limitati solo agli acquisti di armi ma avviano una forte collaborazione  nel campo della ricerca scientifica, delle tecnologie, nella farmaceutica e nell’agricoltura. L’India mantiene la sua autonomia strategica guidata dall’interesse nazionale, tanto è vero che nell’ambito del dialogo «2+2 Usa-India» conclude accordi per la cooperazione militare con gli Usa che la inseriscono nel sistema di collaborazione tecnologia di alto livello nell’ambito militare alla stregua di un Paese alleato.

Nello stesso tempo già dal 2017 l’India stringe rapporti strategici con i Paesi arabi, e in particolare con gli Emirati Arabi, con i quali conclude la costituzione di un fondo per la lo sviluppo delle infrastrutture. In particolare gli Emirati svilupperanno infrastrutture legate alla logistica di prodotti alimentari. La catena del freddo è essenziale per l’agricoltura indiana per poter esportare i prodotti. Gli Emirati, giocando il ruolo di piattaforma logistica portuale, aerea e ferroviaria, aprirebbero un corridoio verso il Mediterraneo, specie verso il porto di Haifa e il porto del Pireo.

In questo contesto gli Accordi di Abramo possono gettare i presupposti necessari per l’apertura di un nuovo corridoio da Mumbai al Pireo (India-Arab-Med Corridor), favorendo la mobilità logistica tra Emirati e Israele. Il corridoio prevede, infatti, la creazione di collegamenti multimodali tra i due Paesi. A questo va aggiunto anche il corridoio logistico Nord-Sud che passando attraverso i Paesi del Centro Asia consentirebbe un collegamento tra India e la Federazione Russa. Qualora anche l’Arabia saudita dovesse accettare di consentire il transito aereo e terrestre, il corridoio che si verrebbe a creare permetterebbe all’India di affacciarsi sul Mediterraneo e di poter competere anche con la Via della Seta cinese.

La prossima visita di Biden in Arabia Saudita, preceduta da quella in Israele, potrebbe gettare le basi per un rafforzamento del quadro delineato dagli Accordi di Abramo. Inoltre è previsto un incontro tra  Israele, India, Usa ed Emirati in cui l’India viene coinvolta per discutere di questioni attinenti all’area. In questo modo New Delhi inizia a giocare un ruolo in Medio Oriente in un area con la quale, in particolare con i Paesi del Golfo, ha storicamente sviluppato rapporti economici e culturali. Il nascente corridoio consentirebbe al Subcontinente indiano di svincolarsi dalla Via della Seta cinese e di muoversi con maggiore autonomia strategica. L’India gode di una grande reputazione nei Paesi del Golfo, così come in Iran, e può muoversi come un player significativo capace di dialogare con mondi che gli sono vicini non solo geograficamente, ma anche culturalmente. L’India è il terzo Stato per popolazione musulmana al mondo e nei prossimi anni diventerà il secondo se non il primo superando forse l’Indonesia. La comunità indiana nei Paesi del Golfo è numerosa, gli interessi economici dei gruppi imprenditoriali indiani sono importanti: gioielleria, distribuzione organizzata, information technology, petrolio, industria cinematografica, healthcare e farmaceutico. Dubai, grazie alle infrastrutture di livello internazionale, costituisce una piattaforma da cui le multinazionali indiane si possono muovere verso i Paesi africani della fascia dell’Oceano Indiano, del Nord Africa e dell’area del Mediterraneo. I Paesi del Golfo, considerati complessivamente, costituiscono d’altronde una delle principali aree di interscambio commerciale dell’India.

In conclusione gli Accordi di Abramo, favoriti dall’Amministrazione Trump, stanno dispiegando l’effetto di rompere le rigide posizioni degli attori dell’area e di creare un corridoio di collegamento verso l’Oceano e il Subcontinente indiano. L’Amministrazione Biden, sebbene abbia voluto segnare nelle sue politiche una forte discontinuità con la precedente, ha cercato di mantenere l’impianto di questi Accordi consapevole che anche se non si risolve il problema palestinese viene creato un clima di apertura diplomatica, di collaborazione economica che può essere favorevole per la pace in Medio Oriente. Qualora il quadro che abbiamo delineato si dovesse realizzare il corridoio India-Arab-Med potrebbe costituire un fattore di innovazione dell’attuale connettività dell’area e trasformare il posizionamento dell’India nell’attuale ordine economico internazionale anche in riferimento al ruolo di player agricolo nel settore del grano e degli altri prodotti (riso, frutta, etc.). Rimane comunque l’enigma dell’Iran e di come il Paese possa percepire questo scenario. E poi c’è L’Italia. In questo quadro si possono dischiudere per il nostro Paese nuove opportunità da sfruttare. Sarà inoltre utile comprendere quali azioni concrete sono da mettere in essere per migliorare le relazioni economiche verso Oriente, che non può essere identificato solo con la Cina.