Nella notte tra il 7 e l’8 gennaio l’Iran ha attaccato due basi militari in Iraq che ospitano militari statunitensi, come risposta all’operazione Usa che ha ucciso il generale iraniano Qassem Suleimani, morto in un attacco americano all’aeroporto di Baghdad. Il primo attacco ha colpito la base al Asad, a circa 230 chilometri a nordovest della capitale Baghdad, dove l’esercito iracheno sostiene di aver lanciato 22 missili. Il secondo attacco è stato lanciato contro una base a Erbil, nel Kurdistan Iracheno, nel nord dell’Iraq, dove si trovano militari italiani. Come riferisce l’ANSA, il personale del contingente militare italiano ad Erbil si è radunato in un’area di sicurezza. I militari italiani risultano tutti illesi.

La missione italinana in Iraq

Da metà dicembre 2015, con l’invio di altri 450 soldati italiani a difesa dei lavori sulla grande diga di Mosul – infrastruttura centrale i cui lavori di ristrutturazione sono stati affidati alla ditta italiana Trevi di Cesena – è salito a oltre un migliaio di soldati, tra addestratori e dispositivi di sorveglianza armata, il numero dei nostri effettivi in Iraq.

La principale operazione che vede impegnati i soldati italiani in Iraq è denominata Prima Parthica, la missione militare del nostro Paese più costosa all’estero, per la quale sono stati investiti complessivamente 200 milioni di euro nel 2015. Prima Parthica è iniziata il 14 ottobre del 2014, quattro mesi dopo la presa di Mosul da parte dello Stato Islamico. Obiettivo dell’operazione è fornire supporto operativo alle forze di sicurezza irachene, formare i soldati delle forze armate e gli agenti di polizia, contribuire alla messa in sicurezza dei confini nazionali. Per l’operazione, l’Italia schiera il contingente europeo più numeroso per l’addestramento delle forze locali. A Baghdad sono impegnati 100 carabinieri.

Mentre a Erbil, zona curda, sono presenti quasi 400 addestratori italiani per la formazione di oltre 2mila peshmerga curdi sui 5mila totali formati dai trainer europei. Il programma di addestramento su cui punta l’Italia prevede: azioni tattiche nei centri abitati, procedure per disinnescare ordigni rudimentali, tiro diretto di precisione con armi portatili (corso “sniper”), messa in sicurezza di caserme e campi di addestramento, utilizzo di mortai, comunicazioni via radio. Gli addestramenti vedono coinvolti circa 30 ufficiali curdi, istruiti anche sulle procedure e sulle metodologie dell’intelligence militare. Dunque, oltre all’addestramento di truppe, i nostri militari avranno ora anche compiti di sorveglianza armata.