Oggi, domenica 4 marzo, il popolo italiano è chiamato alle urne per eleggere il nuovo Parlamento della Repubblica. In attesa di conoscere l’esito delle elezioni, Oltrefrontiera News fa un punto sulla legislatura che ci stiamo lasciando alle spalle proponendo un passaggio del libro State sereni. L’Italia è una Repubblica fondata sul tradimento, scritto dal giornalista de Il Tempo Carlantonio Solimene. Pubblichiamo uno stralcio dell’introduzione al volume su gentile concessione dell’autore e della casa editrice Iuppiter Edizioni.

 

Pensavate di aver visto il peggio? Credevate che il fuorionda in cui Antonio Razzi fu sorpreso a “farsi li cazzi sua” per ottenere l’agognato vitalizio fosse stato il punto più basso del trasformismo della politica italiana? Vi sbagliavate. Per almeno 566 ragioni. Tanti sono stati i cambi di gruppo in Parlamento nella legislatura successiva a quella dei cosiddetti “responsabili”, i deputati che nel 2010 traslocarono dal centrosinistra alla maggioranza di centrodestra per salvare il traballante governo Berlusconi. Quasi che, oggi, il virus della “responsabilità” si sia trasformato in pandemia […]

Che le cose sarebbero andate sempre peggio lo aveva fatto intuire già il destino di Antonio Razzi. In qualsiasi altro Paese, un politico beccato a svilire così goffamente il suo ruolo si sarebbe immediatamente dimesso dal suo incarico e ritirato a vita privata. E anche se non lo avesse fatto, mai avrebbe trovato un partito disposto a concedergli l’onore della ricandidatura. In Italia, invece, non solo Razzi ha ottenuto ospitalità nelle liste dell’allora Pdl, ma è stato addirittura premiato dagli elettori dell’Abruzzo, sebbene il meccanismo del cosiddetto “Porcellum” lasciasse ai votanti ben poco arbitrio. Non c’è da stupirsi se poi il nostro, galvanizzato dal successo, abbia trasformato il mantra del “farsi li cazzi propri” persino in una hit musicale, mentre ai giornali concede interviste sulla crisi nordcoreana tra una visita e l’altra al dittatore Kim Jong-un.

E non c’è da stupirsi nemmeno che Razzi, nella legislatura successiva, abbia fatto proseliti. Mentre l’ex responsabile dichiarava la fine del suo trasformismo (“io sono di proprietà di Silvio Berlusconi”), ben 347 onorevoli colleghi – più di un terzo del totale – davano vita alla più grande sarabanda politica che si ricordi.

Se il Parlamento fosse una società per azioni, si direbbe che è passata di mano oltre la metà del capitale. James Russel Lowell diceva che solo i morti e gli stupidi non cambiano mai idea. I nostri onorevoli non solo sono vivi e vegeti, ma di questo passo corrono il rischio di passare per i più intelligenti del mondo.

Un simile terremoto, va detto, non è ascrivibile solo alle paturnie dei singoli onorevoli. Quella che si avvia a conclusione non è stata una legislatura normale, semmai ne siano esistite in passato. La “non vittoria” di Bersani alle Politiche del 2013 e la conseguente necessità di dar vita a un governo di larghe intese hanno posto le basi affinché la trasversalità – o il camaleontismo, se si preferisce – fosse la cifra principale degli ultimi anni di politica. Il resto l’ha fatto la caduta del “muro” berlusconiano. Con il Cavaliere apparentemente fuori dai giochi e in parte riabilitato da Matteo Renzi, è venuto meno il principale fattore di divisione della politica italiana. D’un tratto, personalità che avevano fatto dell’antiberlusconismo la propria ragion d’essere si sono ritrovate disoccupate. Così come, dall’altra parte, chi aveva agitato a lungo la bandiera del pericolo comunista ha dovuto confrontarsi con un leader, Renzi, che di rosso aveva al massimo qualche cravatta. A quella linea di demarcazione ne è subentrata un’altra: quella tra il MoVimento 5 Stelle e il resto del mondo. Al di fuori della formazione politica creata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio – che ha a sua volta perso una quarantina di parlamentari – tutto è diventato più fluido. È capitato che eletti nel Pdl siano finiti nel Partito Democratico (è il caso del deputato Maurizio Bernardo) e che altri abbiano fatto il percorso inverso (la vicenda, assai più controversa, di Francantonio Genovese). O che parlamentari della maggioranza più europeista di sempre – quella che sosteneva il governo di Enrico Letta – siano passa- ti all’improvviso alla Lega Nord, il partito più euroscettico d’Italia.

L’apparente ineluttabilità del fenomeno non l’ha reso meno traumatico. Si può dire, anzi, che le quattro cesure fondamentali della legislatura risiedano in altrettanti tradimenti inattesi e choccanti. Quello dei “101” franchi tiratori del Pd che affossarono la candidatura al Quirinale di Romano Prodi e con essa la segreteria di Pier Luigi Bersani, aprendo la strada al governo di larghe intese di Enrico Letta. Il tradimento di Angelino Alfano, che disubbidì al suo pigmalione Berlusconi tenendo in piedi l’esecutivo e confinando l’ex mentore all’opposizione. Quello di Matteo Renzi nei confronti di Letta, prima rassicurato (stai sereno!) e poi disarcionato senza tan- ti complimenti da Palazzo Chigi. Infine, il tradimento del patto del Nazareno, che avrebbe in parte causato la batosta referendaria del 4 dicembre 2016 pagata da Renzi con l’addio alla poltrona di presidente del Consiglio.

Sono stati quattro passaggi decisivi. Di alcuni si sa già tutto, altri conservano un alone di mistero. Chi furono i 101 che mentirono a Bersani? Perché Renzi e Massimo D’Alema, pochi giorni prima di quel voto, si erano visti a Palazzo Vecchio, a Firenze, in un incontro di cui non è mai trapelato nulla? E chi ha fatto saltare il patto del Nazareno? È stato Renzi scegliendo Sergio Mattarella per il Quirinale in disaccordo con Berlusconi? Oppure quest’ultimo dopo aver tramato con D’Alema per far eleggere Amato? E perché, in ogni mistero che si rispetti, spunta sempre il nome di D’Alema?

Ironia a parte, l’aspetto su cui occorre riflettere è che senza quelle scelte, dolorose e a volte impopolari, la legislatura non sarebbe stata la stessa. Ha senso, dunque, parlare di “tradimenti” per qualcosa che ha inciso così tanto nella vita del Paese? Non sarebbe meglio considerarli semplicemente “politica”? Di “sangue e merda”, come diceva Rino Formica, ma pur sempre politica?