Kim Jong un, le 21 foto e i 21 giorni

Un paio di forbici in mano, due dignitari che reggono il nastro rosso e lui che taglia, con l’immancabile sorriso sulle labbra. È la prima foto scelta dalla propaganda nordcoreana per dimostrare al mondo che il Rispettato Maresciallo Kim Jong-un è vivo. «L’attività di guida sul campo», secondo l’agenzia di notizie di Pyongyang, si è svolta il primo maggio a Sunchon, una cinquantina di chilometri a Nord della capitale, dove il supremo leader ha inaugurato una fabbrica di fertilizzanti. «Tutti i partecipanti sono esplosi in tuoni di hurrah»; Kim «ha risposto con calore alle manifestazioni di giubilo di operai e masse presenti all’evento».

Le 21 foto e i 21 giorni

Il giornale di regime «Rodong Sinmun» ha pubblicato 21 immagini dell’evento. E (casualmente?) 21 sono stati i giorni di assenza di Kim dalla scena pubblica in Nord Corea (ultima apparizione l’11 aprile in una riunione del Politburo). In queste tre settimane analisti e politologi, servizi segreti e media mondiali si sono esercitati in interpretazioni e previsioni sul cono d’ombra calato intorno al dittatore. Kim è riemerso senza un graffio da sotto la valanga di speculazioni che lo avevano dato per morto, ridotto in stato vegetativo, al minimo gravemente malato. Nessuno può morire a Pyongyang fino a quando il regime non dice che è morto, aveva scritto il Corriere della Sera il 25 aprile, in piena frenesia da necrologio.

Fotoromanzo a puntate

Ora che il regime ha deciso di dare la prova di esistenza in vita del suo leader supremo è il caso di porsi qualche domanda e trarre alcuni insegnamenti, sempre ipotetici, e senza dimenticare che le foto sono state selezionate dalla propaganda, come sempre; e come sempre sono difficilmente databili. La vita politica di Kim Jong-un è un fotoromanzo a puntate: ci sono i dialoghi ufficiali, segnalati nelle didascalie dell’apparato nordista e le interpretazioni fatte con la lente d’ingrandimento dall’estero.

Il nastro e la sorella

Nella prima foto, subito alle spalle di Kim compare la sorella Kim Yo-jong. Il nastro rosso idealmente lega i due Kim, indicando quasi la «linea di sangue» della Dinastia. La signora dirige il Dipartimento propaganda e agitazione del regime, quindi c’è da credere che il materiale iconografico passi sotto la sua lente. E che anche la comunicazione del fratello si avvalga dei suoi consigli.

La folla in maschera

Nel portfolio del «Rodong Sinmun» si nota che quasi tutti i figuranti della grande rappresentazione di folla schierata per applaudire indossano la mascherina. Segno che anche in Nord Corea c’è allarme coronavirus, nonostante il regime non abbia ammesso alcun caso di contagio. Kim, la sorella e gli alti dignitari intorno sono invece a volto scoperto: vogliono proiettare fiducia (d’altra parte anche Donald Trump non porta mai la mascherina, anche se ala fine l’ha consigliata agli americani comuni).

Come sta Kim?

Il capo del regime sorride. Negli ultimi giorni il governo sudcoreano aveva avvertito che molti segnali indicavano che il Maresciallo era vivo: il suo treno speciale era nella città di mare di Wonsan; gli yacht del dittatore erano in movimento in acqua, era stata vista dai satelliti anche la megapiscina galleggiante di Kim. La messa in scena faceva pensare che Kim fosse nella sua villa. E qualche analista ha cominciato a suggerire che Kim si fosse allontanato da Pyongyang e auto-isolato al mare per evitare il rischio di contagio virale. Le maschere della folla all’evento del primo maggio danno una certa credibilità a questa versione. Però, dopo aver tagliato il nastro della fabbrica nuova, Kim riappare seduto a un tavolone posto su un palco nella piazza dell’adunata giubilante. Quasi che non avesse voglia di stare troppo in piedi. Potrebbe aver avuto una ricaduta del problema alla caviglia che lo costrinse a usare un bastone nel 2014?

Missili e assenza

Un’altra ipotesi. Tra gennaio e inizio aprile l’artiglieria nordcoreana ha compiuto una serie di test missilistici e di lanciarazzi a lunga gittata. Diversi «guidati sul campo dal Rispettato Maresciallo». Dall’anno scorso il negoziato con gli Stati Uniti si è interrotto. Con quelle scie missilistiche di inizio 2020 Kim stava probabilmente cercando di richiamare l’attenzione di Donald Trump: una minaccia a bassa intensità, evitando missili intercontinentali. Senza esito, perché a Washington e nel mondo l’unica emergenza ora è la pandemia. Ecco che Kim, per farsi notare, potrebbe aver deciso di uscire di scena e osservare l’effetto. Che c’è stato. E ha avuto alcuni riflessi collaterali: bruciata la credibilità di quelle «fonti di intelligence» citate dalla «Cnn» che avevano dato l’allarme: crisi cardiaca, operazione fallita, stato vegetativo, possibile morte si sono dimostrate notizie grandemente esagerate. Questo può rallegrare il regime, che ha provato ancora una volta di essere l’unico a sapere come vanno le cose in Nord Corea (l’intelligence umana è carente). Ma Kim ha anche richiamato l’attenzione sulla propria salute, che comunque dovrebbe farlo riflettere: da tempo i medici sudcoreani che gli hanno fatto un check-up a distanza, basandosi sulle immagini tv, hanno rilevato che pesa 130-135 chili, per una statura di circa 170 centimetri. Si dice che fumi troppo (anche la moglie lo ha detto mentre discuteva con il sudcoreano Moon Jae-in durante un banchetto nel 2018 ai tempi della distensione). Si racconta che sia dedito agli stravizi alcolici e la leggenda parla di dieci bottiglie di Bordeaux finite in una notte. Nel 2014 Kim scomparve per quasi sei settimane e tornò in scena appoggiandosi a un bastone; ha zoppicato di nuovo, ma senza bastone, anche nel 2017. Problemi alla caviglia dovuti al peso eccessivo o forse alla gotta, fu la diagnosi dall’estero.

North Korean leader Kim Jong Un attends the completion of a fertiliser plant, together with his younger sister Kim Yo Jong, in a region north of the capital, Pyongyang, in this image released by North Korea’s Korean Central News Agency (KCNA) on May 2, 2020. KCNA/via REUTERS

Pubblicato su Il Corriere della Sera