Analisi – Sul dossier nordcoreano la Russia vuole essere un attore protagonista. La visita del Ministro degli Esteri Sergey Lavrov a Pyongyang di fine maggio e l’invito di Kim a Mosca entro la fine dell’anno sono un monito rivolto a chi pensa di poter fare a meno della Federazione Russa. La tattica di Putin è sempre la stessa: agire da disturbatore e inserirsi in ogni questione internazionale per poter rafforzare l’immagine della Russia come una grande potenza.
UNA POLITICA DI EQUIDISTANZA
La Corea del Nord ha avuto per tutta la guerra fredda Mosca come principale partner e alleato, dalla quale dipendeva per le forniture di tutti i beni di prima necessità. Il collasso dell’Unione Sovietica ha rotto questo cordone ombelicale e portato Pyongyang a vivere un periodo di isolamento, durante il quale si verificò una terribile carestia che provocò milioni di morti. Successivamente il regime nordcoreano si è avvicinato alla Cina per garantirsi la sopravvivenza, mentre Mosca ha portato avanti abilmente una politica di equidistanza verso le due Coree. Questo approccio è stato suggellato dalla strategia di politica estera russa approvata nel 2013, nella quale si afferma che l’obiettivo è mantenere relazioni amichevoli sia con la Corea del Sud che con la Corea del Nord in base al principio della cooperazione mutuamente vantaggiosa. La capacità russa di dialogare con tutti gli attori in gioco è un trend che osserviamo in varie aree del mondo e costituisce un vantaggio negoziale rilevante per la diplomazia russa. Basti pensare al Medio Oriente,dove la Russia è l’unico paese a intrattenere rapporti con tutti i soggetti geopolitici della regione.
Nella penisola coreana questa politica si manifesta attraverso il mantenimento di solide relazioni politiche e economiche sia con Pyongyang che con Seul, a differenza di Cina e Stati Uniti. Pechino infatti continua ad essere il principale partner economico della Corea del Nord, mentre le relazioni con Seul si sono deteriorate dopo il distaccamento del sistema antimissile THAAD in Corea del Sud. Nonostante sotto l’amministrazione Moon i rapporti bilaterali stiano gradualmente migliorando, il Nord rimane il punto di riferimento cinese nella penisola. Gli USA invece,malgrado l’incontro tra Trump e Kim a Singapore, intrattengono una relazione totalmente sbilanciata verso il Sud.
A testimonianza di questa equidistanza russa, poco meno di un mese dopo che il Ministro degli Esteri Lavrov ha posto un mazzo di fiori sotto le statue bronzee di Kim Il-sung e Kim Jong-il nella sua visita a Pyongyang, Vladimir Putin ha incontrato a Mosca il Presidente sudcoreano Moon Jae-in.
GLI INTERESSI DI MOSCA IN COREA DEL NORD
La priorità russa nella penisola è il mantenimeno dello status quo. Mosca infatti condivide 17 chilometri di confine terrestre con la Corea del Nord e subirebbe inevitabilmente le conseguenze di un’eventuale implosione del regime di Pyongyang. Per questa ragione il Governo russo ha spesso chiuso un occhio sul mancato rispetto dei regimi sanzionatori da parte di società e individui russi e accolto positivamente la rinuncia statunitense a un attacco militare verso il regime di Kim.
La Russia, sebbene sia stata sorpassata dalla Cina, rimane un partner economico importante(non più imprescindibile) della Corea del Nord. Nei primi anni Duemila i rapporti commerciali si erano sviluppati positivamente fino a raggiungere i 233 milioni di dollari di interscambio nel 2005, calato a 49 milioni del 2009. Una nuova fase di crescita aveva portato l’indice a 113.7 milioni nel 2011, per poi attestarsi a 76.8 milioni di dollari nel 2016, secondo un report del Federal Custom Service of Russia ripreso da un’analisi del Foreign Policy Research Institute. La Corea del Nord esporta ($8.8 mln) principalmente pesce congelato (24.6%), parti ed accessori per trattori (22.3%), articoli di abbigliamento (16%) e strumenti musicali a fiato (12.4%). L’export russo ($68mln) si concentra invece su carbone bituminoso (75%), petrolio raffinato (4%), lignite (5%) e grano (5%).
Un altro elemento fondamentale di interconnessione economica tra i due Paesi consiste nell’esportazione di forza lavoro nordcoreana in Russia. Nel 2017 nella Federazione Russa lavoravano più di 32mila nordcoreani, di cui il 44% nell’Estremo Oriente. Si stima che la Russia sia lo Stato che ospita il maggior numero di lavoratori nordcoreani regolari; in Cina infatti la maggior parte arriva e risiede illegalmente. Ad occhi di alcuni russi i nordcoreani sono più graditi dei lavoratori che provengono dall’Asia Centrale (Tagikistan, Uzbekistan ecc.) perché non sono musulmani e, di conseguenza, non rappresentano una potenziale minaccia terroristica .
Le Nazioni Unite sostengono che rappresentanti delle istituzioni finanziarie nordcoreane operino in Russia, garantendo flussi di denaro vitali per il regime di Kim. Lo stesso Trump accusò la Russia di aiutare Pyongyang e, secondo Reuters, petroliere russe hanno rifornito di carburante il regime nordcoreano verso fine 2017 almeno in tre occasioni, violando le sanzioni internazionali che la Russia stessa aveva approvato.
Un chiaro segno dell’intenzione russa a migliorare i rapporti commerciali con Pyongyang è stato manifestato nel 2014, quando la Russia ha cancellato il 90% del debito nordcoreano contratto ai tempi dell’Unione Sovietica, stimato in 11 miliardi di dollari.
L’interesse economico di Mosca verso Pyongyang è motivato non soltanto dal desiderio di preservare lo status quo, ma anche dalla volontà di sviluppare l’Estremo Oriente della Federazione Russa. Questa intenzione è stata evidenziata durante l’incontro tra Putin e il Presidente sudcoreano Moon, quando i due leader si sono accordati per sviluppare progetti nel campo dell’elettricità, del gas e delle ferrovie che coinvolgano Russia, Corea del Nord e Corea del Sud. Mosca auspica di beneficiare dell’attenuazione della tensione nella penisola coreana per rilanciare due progetti infrastrutturali di vecchia data: un gasdotto che giunga in Corea del Sud attraverso il Nord e un collegamento tra la rete ferroviaria transiberiana e quella transcoreana. Inoltre in marzo esponenti del Governo russo sono andati in Corea del Nord per discutere l’ipotesi di realizzare un ponte che colleghi i due Paesi, permettendo anche ai veicoli di spostarsi dall’Estremo Oriente russo alla penisola coreana senza passare dalla Cina.
Nonostante volontà e progetti, la Russia di oggi non può competere con la Cina in termini di influenza economica. Un rapporto della Commissione Europea certifica questo diverso rapporto di forza, stimando l’incidenza della Russia sul totale delle importazioni nordcoreane nel 2017 in un 2.1%, a fronte di un’incidenza cinese pari al 91.9%. Tuttavia, nel caso in cui la Corea del Nord veda rimosse le sanzioni e si riappacifichi definitivamente con il Sud, le prospettive per migliorare sensibilmente i rapporti commerciali con Mosca ci sono e sono funzionali ai rispettivi interessi non solo economici, ma anche geopolitici.
IMPERATIVI GEOPOLITICI
A Mosca serve Pyongyang e a Pyongyang serve Mosca, così potremmo riassumere brevemente la convergenza geopolitica tra i due Paesi.
La Corea del Nord vuole mantenere solidi rapporti con la Russia per evitare di dipendere eccessivamente da Pechino. Infatti, nonostante le tre visite di Kim in Cina negli ultimi cento giorni, Pyongyang vuole essere arbitra indipendente del proprio destino e si oppone a qualsiasi tentativo cinese di interferire con la sovranità del Paese, valore supremo da difendere. Ne consegue che la Russia rappresenti un valido partner per diversificare le proprie alleanze, oltre che un Paese percepito come meno minaccioso e assertivo nel lungo periodo rispetto al vicino cinese.
Per Mosca, il dossier nordcoreano rappresenta un’opportunità per riaffermare il proprio status di potenza imprescindibile per la risoluzione delle crisi, grazie a un’abile politica di dialogo e mediazione. La Russia auspica (come sempre) di potersi sedere al tavolo con gli Stati Uniti, dove poter spendere il credito acquisito in dossier maggiormente strategici come quello ucraino.
Inoltre la Corea del Nord è funzionale al riposizionamento della Russia nella regione dell’Asia-Pacifico, per troppo tempo lasciata nel dimenticatoio da Mosca, con l’obiettivo di sviluppare le proprie regioni orientali e di bilanciare la preponderante influenza cinese.
Ad occhi russi (e non solo), l’incontro di Singapore tra Trump e Kim è stato più scenografia che sostanza. La Corea del Nord è e rimarrà una potenza nucleare, mentre la promessa di denuclearizzare rimarrà tale. Analogamente gli Stati Uniti non si ritireranno dalla penisola, a dispetto delle dichiarazioni di Trump.
La Russia cercherà di promuovere la rimozione delle sanzioni verso la Corea del Nord e vorrà essere protagonista dei prossimi negoziati che porteranno al definitivo riconoscimento di Pyongyang come potenza nucleare e alla definizione di un nuovo equilibrio regionale.
Al netto di tutto ciò, non bisogna compiere l’errore di sopravvalutare la Federazione Russa, Paese molto più debole e fragile di come viene descritto comunemente. Molti propositi di Mosca si riveleranno velleitari, ma meritano comunque attenzione. Come diceva Churchill: “La Russia è un rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma”.
Edoardo Crivellaro
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