Il partito del presidente turco Tayyip Erdogan Akp si prepara a contestare l’esito delle elezioni amministrative i cui risultati hanno mostrato un vantaggio del fronte dell’opposizione. Il partito del presidente mette in dubbio i risultati elettorali in tutti i 39 distretti di Istanbul, fa sapere Hurriyet martedì 2 aprile. L’Akp e gli alleati nazionalisti hanno vinto nel 56% dei comuni, ma hanno perso il controllo delle due principali città turche, Istanbul e Ankara, alle elezioni locali che erano state indicate come un referendum sulla popolarità di Erdogan. Il voto ha fatto registrare una seria sconfitta del partito del presidente alle prese con la recessione. Il candidato sindaco per la città di Istanbul Ekrem Imamoglu del principale partito di opposizione, Republican People’s Party (CHP), ha annunciato la vittoria e sarebbe in vantaggio di 25,000 voti sul rivale dell’Akp ed ex premier Binali Yildirim. L’esito delle amministrative potrebbe avere come possibile effetto un avvicinamento della Turchia a Bruxelles. L’incertezza del voto ha causato una perdita del 2% del valore della lira turca rispetto al dollaro, dovuta anche alle tensioni con gli Stati Uniti che hanno minacciato di sospendere la consegna degli aerei da guerra F-35 alla Turchia.

«La Turchia ha confermato, alla vigilia del voto amministrativo, l’acquisto del sistema missilistico S-400 dalla Russia durante la visita di Lavrov ad Antalya. Gli Usa si preparano a bloccare la consegna dei caccia F-35 nella cui produzione è coinvolta anche la Turchia membro della Nato dal 1953. Ma qui sembra che nessuno abbia da dire niente, come per i curdi, il carcere di prigionieri politici e giornalisti, per Santa Sofia e tutto il resto: funziona il ricatto di Erdogan all’Europa sui profughi». Così il giornalista Alberto Negri in merito alla conferma da parte di Ankara dell’acquisto del sistema missilistico S-400 dalla Russia arrivata poco prima del voto. La Turchia onorerà l’accordo con il Cremlino di cui si discuteva dal 2017 e la cui firma è avvenuta alla fine della settimana scorsa. «Siamo d’accordo con i russi e abbiamo firmato l’intesa che è già valida, stiamo discutendo di quando dovrebbe avvenire la consegna», ha commentato il Ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu dopo un incontro con la controparte russa. I primi a reagire sono stati gli Stati Uniti che da subito, e quando i rapporti con la Turchia erano già molto tesi, si erano opposti all’acquisto delle sofisticate batterie missilistiche russe. Washington aveva messo in guardia la Turchia, membro della Nato e secondo esercito all’interno dell’Alleanza, ipotizzando l’espulsione di Ankara dal programma Nato da mille miliardi sui caccia F-35, prodotti da Lockheed Martin Corp. La scorsa settimana il Senato Usa ha avanzato una proposta bipartisan per proibire il trasferimento degli aerei F-35 dagli Stati Uniti alla Turchia fino a quando il governo non avrà certificato che Ankara non predisporrà il sistema russo S-400. Per il ministro turco Cavusoglu, la proposta del Senato di bloccare il trasferimento dei jet in Turchia è una ritorsione che “viola le norme internazionali”.

Washington aveva fatto la voce grossa con Ankara minacciando anche l’imposizione di dure sanzioni alla Turchia attraverso una legge speciale, l’America’s Adversaries Through Sanctions Act Caatsa (CAATSA) che prenderebbe di mira le transazioni con la Russia. La Turchia è parte del programma di produzione degli caccia F-35 e la sospensione di Ankara dal programma Lockheed Martin F-35 Lightning II avrebbe serie conseguenze per tutti i membri Nato. A dicembre ancora Cavusoglu aveva tuonato che gli Usa non avrebbero potuto decidere in maniera unilaterale la cancellazione della Turchia dal programma. Ankara produce infatti 800 componenti del jet e rimpiazzare le aziende turche sarebbe un problema non risolvibile in poco tempo. Secondo gli Usa, invece, la sostituzione implicherebbe al massimo un ritardo di tre mesi sul programma. Appena pochi giorni fa fonti americane hanno avvertito di poter proseguire ugualmente con il programma degli F-35 anche senza il contributo di Ankara e senza le componenti turche, possibilità difficile da praticare a detta degli stessi turchi. Dal punto di vista americano, i radar compresi nell’acquisto del sistema missilistico russo comprometterebbero la sicurezza dei jet da guerra dalle capacità stealth e la tecnologia a disposizione della Nato. Il Pentagono teme che informazioni sensibili finiscano nelle mani dei russi.

Ankara non è arretrata di un millimetro sulle proprie posizioni neanche davanti all’offerta statunitense della vendita del sistema missilistico Patriot a condizioni molto favorevoli e al prezzo scontato di 3,5 miliardi di dollari. Erdogan ha inoltre specificato che la Turchia sarebbe intenzionata ad acquistare anche il sistema missilistico russo di ultima generazione S-500. Il riavvicinamento militare turco alla Russia preoccupa Washington che con Ankara non sembra più condividere gli stessi interessi strategici. Erdogan dovrà fare i conti con le conseguenze del voto amministrativo in Turchia che ha segnato un sorpasso dell’opposizione laica ai danni del suo partito Akp, ma intanto guarda sempre più al Cremlino.