Gli europei devono rammaricarsi soltanto con se stessi per le divisioni interne riguardo gli investimenti che arrivano dalla Cina. L’Europa ha permesso a se stessa di apparire divisa a causa delle potenze straniere ed ha atribuito a queste il merito di tale divisione, invece di guardarsi dentro. È l’opinione del celebre stratega Parag Khanna per il giornale South China Morning Post.
Parigi e Berlino avevano appoggiato il documento della Commissione Europea che definiva la Cina un “rivale sistemico” e il viaggio di Xi in Europa ha reso evidenti anche di fronte al gigante cinese le divisioni interne tra i Paesi europei. Una diffrenza di approccio verso la Cina che si è tradotta in risultati divergenti.
L’adesione italiana alle Nuove Vie della Seta, seppur molto importante, ha per adesso un valore più che altro politico e dovrà essere realizzata attraverso accordi futuri. Molto più rilevanti invece, dal punto di vista economico, sono i contratti che la Francia ha firmato con Pechino. La sintesi perfetta del tour europeo del presidente cinese l’ha proposta la rivista “The Diplomat”. «Nessun pezzo di carta – si legge in un’analisi – potrà cambiare il fatto che la Francia di Macron venderà alla Cina 300 jet del gigante europeo Airbus, mentre l’Italia di Luigi Di Maio offrirà a Pechino le arance siciliane». Questa infatti è stata l’impressione generale passata l’euforia della visita della delegazione cinese tra Roma, Monaco e Parigi. Il presidente francese Macron ha difeso gli interessi della Francia sottoscrivendo con Xi accordi da 40 miliardi di euro. Il contratto con il consorzio europeo Airbus da solo ne vale 30. Il valore degli accordi e dei contratti siglati tra Francia e Cina supera di gran lunga quello degli accordi che le compagnie Italiane hanno firmato con Pechino durante la visita di Xi a Roma. Per l’Italia infatti la cifra arriva a 2,5 miliardi di euro.
I numeri da soli basterebbero a spiegare la sproporzione, ma il trilaterale fra Xi, Macron, Merkel e Juncker ha avuto un impatto anche politico. Macron puntava a far capire al presidente cinese che l’Europa è un fronte unito. Il presidente francese voleva inoltre inviare un segnale all’Italia. Quasi a voler dimostrare a Xi chi realmente comanda in Europa, l’intenzione di Macron è stata dare contemporaneamente un colpo all’intraprendenza dell’Italia, primo membro del G7 ad aderire alle Nuove Vie della Seta, e un altro al protezionismo di Trump. Il multilateralismo è tutt’altro che finito, questo il messaggio dell’Eliseo all’ex tycoon, che ha al contrario un approccio unilateralista alle relezioni internazionali. Xi Jinping, dal canto suo, era interessato a trovare un unico interlocutore nel continente, ma dopo il viaggio in Europa difficilmente tale interlocutore per lui sarà il premier italiano Conte.
L’adesione dell’Italia alla BRI era stata criticata dagli europei, che avevano segnalato l’errore strategico di concedere ai cinesi di acquisire le infrastrutture come i porti. Tuttavia, Francia e Germania sono poi apparse desiderose di prendere parte alla BRI, seppur con le giuste e dovute cautele. Dopo il vertice con Xi, la cancelliera Merkel aveva infatti parlato di «ruolo attivo dell’Europa nella Belt and Road», se questo potesse tradursi in una maggiore reciprocità e in un maggior accesso al mercato cinese. Durante il trilaterale con Macron e Merkel a Parigi il presidente della Commissione Ue Juncker aveva rassicurato Xi dicendo :«Rivale sistemico per noi è un complimento». La frase è il sintomo di un atteggiamento dell’Europa verso la Cina diventato più accomodante.
Ma l’interesse degli europei a guardare di più a Oriente dimostra anche quanto sia semplice avvicinare la Cina all’Europa nell’epoca della guerra dei dazi di Donald Trump. Ancora secondo Parag Khanna, nonostante Stati Uniti ed Europa si mostrino accomunate da atteggiamento generale di sospetto verso la Cina, esiste un profondo divario tra Usa ed Europa nel trattare con le potenze asiatiche emergenti. Rancori interni tra europei a parte, spiega l’economista, non c’è dubbio che l’Europa abbia con la Cina una relazione più stabile e produttiva di quella che possono vantare gli Stati Uniti con l’ex Impero Celeste. L’ammontare degli scambi commerciali tra Bruxelles e Pechino supera il totale di quelli che avvengono tra Usa e Cina e le tensioni commerciali tra cinesi e americani possono solo rafforzare questa tendenza. «Cooperate o smettere di criticarci. La Belt and Road non vuole dividere. Non è uno strumento geopolitico, ma una piattaforma di cooperazione», ha detto il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi per mettere a tacere le chiacchiere a una settimana dal summit sulla BRI, a cui parteciperanno i delegati di 150 Paesi e 40 capi di Stato.
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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