Avevano attaccato prima dell’alba i villaggi di Ogossagou e Welingara sparando anche a bambini e donne incinte. Sulla scia del massacro di sabato 23 marzo di 134 pastori dell’etnia fulani da parte di alcuni uomini armati, il presidente del Mali Ibrahim Boubacar Keita ha operato un ricambio dei vertici delle forze armate. Soumeylou Boubeye Maiga, primo ministro del Mali, ha anche annunciato l’annientamento di un gruppo armato di autodifesa anti jihadisti chiamato Dan Na Amassagou dell’enia dogon. «La sicurezza e la protezione della popolazione restano attività monopolio dello Stato. Le forze di sicurezza del Mali si impegneranno attivamente per disarmare qualsiasi persona che non dovrebbe essere armata», ha spiegato il presidente Ibrahim Boubacar Keita. La strage è avvenuta a meno di una settimana da un assalto da parte dei jihadisti contro l’esercito in cui sono morti 26 soldati. L’attacco, portato a termine sempre nella regione centrale del Mali, era stato rivendicato da un gruppo affiliato di al Qaeda. I generali silurati sono M’Bemba Moussa Keita e Abdrahamane Baby.
La regione centrale del Mali è teatro della tensione crescente tra i gruppi etnici fulani e dogon, il primo dedito alla pastorizia, mentre il secondo composto da cacciatori tradizionali. Lo stile di vita seminomade dei fulani li porta a scontrarsi con i dogon, agricoltori e più stabili sul territorio. I jihadisti sono riusciti a radunare numerosi adepti tra i fulani e alcuni gruppi dogon a loro volta hanno fatto ricorso alle armi per difendersi. La carneficina di sabato è stata considerata l’attacco più grave da quando nel 2013 la Francia è intervenuta militarmente nella regione del Sahel per sgominare i gruppi islamisti e i loro alleati tra i ribelli Tuareg. Dal 2013 gli attacchi dei jihadisti sarebbero anche moltiplicati. A dicembre Human Rights Watch aveva lanciato un serio allarme avvertendo che la morte dei civili nella regione centrale e nel nord del Mali da parte delle milizie era entrata in una spirale senza controllo. Il gruppo Dan Na Ambassagou e il suo leader erano stati segnalati da HRW perché indicati come responsabili di numerose atrocità e l’organizzazione aveva chiesto alle autorità del Mali di punire i responsabili.
Redazione
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