Un mercato di 80 milioni di consumatori abitudinari per un volume d’affari pari a circa 9 miliardi di euro. Tanto valgono i traffici illeciti di cannabis (marijuana e hashish) che ogni anno dal Medio Oriente e dall’Africa raggiungono in modo capillare ogni parte d’Europa. Dal dato, pubblicato nell’EU Drug Markets Report 2016, emerge la vastità di un business gestito ormai non solo più dalle organizzazioni criminali ma in maniera sempre più diretta anche dai gruppi terroristici.

Per la marijuana la rotta privilegiata resta quella che collega Afghanistan e Pakistan all’Albania fino al punto di snodo nei Paesi Bassi da dove l’erba viene dirottata nelle principali città europee.

Alla fonte operano in Afghanistan Talebani, Al Qaeda e la rete degli Haqqani, mentre in Pakistan Lashkar-e-Jhangvi e Jaish-e-Mohammed. Nella tappa di mezzo, la località albanese di Lazaret, ribattezzata il “villaggio della marijuana”, il gruppo che ha intercettato negli ultimi anni il traffico è stato ISIS, la cui crescita in diverse aree nei Balcani (in termini economici, di fornitura di armi e reclutamento di nuove leve) è stata esponenziale.

Nel post primavere arabe i traffici di hashish hanno invece registrato maggiori cambiamenti rispetto al passato. Il degenerare della crisi libica, il peggioramento della situazione in Libano (la Valle della Bekaa è un grande centro di produzione il cui sbocco non è solo l’Europa ma anche i Paesi del Golfo) e l’instabilità permanente che attraversa il Sahel, hanno ridisegnato le rotte che da Medio Oriente e Africa arrivano nel nostro continente attraversando il Mediterraneo.

Il degenerare della crisi libica, il peggioramento della situazione in Libano e l’instabilità permanente che attraversa il Sahel, hanno ridisegnato le rotte che da Medio Oriente e Africa arrivano nel nostro continente attraversando il Mediterraneo

Nella fascia sahelo-sahariana, AQIM (Al Qaeda nel Maghreb Islamico, operativo in Mali, Mauritania e lungo i confini meridionali di Algeria e Libia), Al Mourabitoun del signore della guerra Mokhtar Belmokhtar, i nigeriani di Boko Haram (affiliati a ISIS) e i somali di Al Shabaab (affiliati ad Al Qaeda) muovono con ampi margini di libertà i traffici verso i porti situati nell’Africa Occidentale nei golfi di Guinea e Benin. Da qui i mercantili, carichi di hashish nelle stive o all’interno dei container, salpano verso le coste europee sfruttando il caos generato dalla crisi dei migranti per eludere i controlli.

Il cambio di rotta più interessante riguarda però il Marocco e chiama in causa la Libia. Lungo il confine che separa Marocco e Algeria è sempre stata molto attiva la rete del narcotraffico di hashis e kif (marijuana tritata). È una tratta particolarmente calda per il narcoterrorismo. Le quantità di queste sostanze prodotte in Marocco sono enormi (circa 100mila tonnellate ogni anno) e attraverso i proventi delle loro vendite (il cui valore è stato stimato in circa 12,5 miliardi di dollari) tra il 2002 e il 2004 cellule jihadiste hanno effettuato tre attacchi altisonanti: lo sventato attacco a navi da guerra della Marina Militare USA nello stretto di Gibilterra nel 2002, le bombe a Casablanca nel maggio 2003 e gli attentati ai treni di Madrid nel marzo 2004.

Il cambio di rotta più interessante riguarda il Marocco e chiama in causa la Libia. È una tratta particolarmente calda per il narcoterrorismo

L’instabilità della Libia dalla caduta di Gheddafi nel 2011 ha però spinto i gruppi terroristici a puntare non più esclusivamente sull’asse Marocco-Spagna per raggiungere i mercati europei, ma anche sulle coste libiche per farne il nuovo punto di stoccaggio di hashish.

Da Casablanca le partite di droga passano dunque per l’Algeria, la Tunisia e arrivano fino alla parte orientale della Libia. Qui entrano in gioco le centinaia tra gruppi armati, milizie islamiste e gruppi jihadisti che operano nell’area, compresi i qaedisti di Ansar Al Sharia (formazione scioltasi ufficialmente nel maggio 2017) e lo Stato Islamico, con quest’ultimo che tra il 2015 e la metà del 2016 ha instaurato attorno alle roccaforti di Sirte e Derna una provincia del Califfato prima di essere costretto a riparare verso sud.

Il controllo delle rotte che attraversano la Libia apre ai terroristi una vera e propria autostrada nel Mediterraneo, lungo la quale possono far transitare non solo droga ma anche armi ed esseri umani. Uno snodo strategico destinato a rimanere un porto franco per molti altri anni. Anche quando le ultime sacche di resistenza di ISIS saranno state sconfitte.