La gestione dell’emergenza migranti nel Mediterraneo torna a spaccare l’Europa, ponendo il nuovo governo italiano a guida M5S-Lega allo scontro frontale con la Francia di Emmanuel Macron e al primo vero banco di prova internazionale. Pubblichiamo un’intervista rilasciata dal direttore responsabile di Oltrefrontiera News Luciano Tirinnanzi al quotidiano Giornale di Sicilia.

Flussi migratori in diminuzione. Ma negli ultimi giorni qualcosa sembra cambiato. Cosa?

I flussi, lo dice la parola, indicano una fluttuazione costante. Quando poi si parla di flussi “migratori” la parola assume un valore particolare, sinonimo d’instabilità. Come a dire che, come il meteo, ciò che valeva ieri può mutare improvvisamente. Questo dipende da molte ragioni e, come abbiamo imparato a conoscere negli ultimi anni, le variabili che sottendono a esse sono tante: guerra, povertà, siccità, crisi politiche e sanitarie e, non ultime, le aspirazioni sociali delle nuove generazioni.

La stragrande maggioranza dei migranti, non bisogna dimenticarlo, emigra proprio per ragioni economiche: in primis i cittadini della Nigeria che, tra l’altro, è uno dei Paesi con condizioni economiche migliori dell’intero continente.

Questo ci dice che le migrazioni sono e resteranno per i prossimi decenni una costante, mentre la variabile attiene soltanto all’ordine di grandezza che ci troveremo a dover gestire. Quindi, se ampliamo i parametri delle statistiche in termini decennali, scopriremo che ben poco è cambiato. Perché le migrazioni dall’Africa all’Europa – ma potremmo persino dire dal sud al nord del mondo – sono un fatto strutturale.

Siamo sotto “ricatto libico”? Di quale Libia, poi?

Già. La Libia è totalmente spaccata in almeno due parti e, in attesa di capire se davvero a dicembre si svolgeranno le elezioni politiche e presidenziali generali, non abbiamo ancora un interlocutore cui riferirci. Né il generale Haftar in Cirenaica, le cui mire espansionistiche sono evidenti, né il premier Serraj in Tripolitania, sono credibili e peraltro hanno alcuna intenzione di controllare seriamente i flussi. Il primo perché non lo ritiene affar suo, il secondo semplicemente perché non controlla nemmeno la capitale. Entrambi sanno bene però che i lager nelle periferie delle grandi città e nel deserto, dove giovani uomini e donne vengono tenuti prigionieri, pressappoco come schiavi, stanno per scoppiare. Questo mercanteggiare con gli esseri umani è disumano.

In passato, quando c’era Gheddafi, funzionava sempre così?

Purtroppo, sì. Bastava pagare bene e Gheddafi poi “risolveva”. Noi chiudevamo un occhio e fingevamo di non sapere che migliaia di “indesiderati” nel migliore dei casi venivano spediti a forza nel deserto, dove poi morivano di stenti. Questo perché, ancora una volta, il fenomeno migratorio è strutturale e il fatto che in certi periodi non lo vediamo non significa che non esista. Oggi, se anche ci fosse un governo libico centrale, la cosa non andrebbe molto diversamente. Pertanto, o si creano dei centri amministrativi che gestiscano queste persone nel rispetto della convenzione ONU dei diritti dell’uomo, sia pur sotto la tutela libica, o continueremo a dover pagare sottobanco le milizie che si sono sostituite al rais nel batter cassa per tenere lontani i migranti dalle nostre coste.

Nel nostro Paese, porti chiusi alle imbarcazioni umanitarie delle Ong. Regolare?

Difficile dirlo. Le Ong operano in un contesto non ancora sufficientemente normato, spingendosi in acque internazionali per recuperare i gommoni giusto a ridosso delle acque libiche. Ora, considerato che la distanza di mare tra il porto di Pozzallo e Tripoli, ad esempio, è intorno alle 280 miglia e che le acque territoriali di ciascun paese ne coprono 12 soltanto dalla costa, si capisce come restino centinaia di miglia di mare aperto fuori controllo. Se aggiungiamo che varie procure della Repubblica hanno stabilito che queste missioni non governative sono in chiaroscuro, si comprende come la guardia costiera prima e il ministero dei Trasporti poi si trovino in forte imbarazzo. Tutto perché non si è voluta fare una legge chiara su questo punto. Una legge che dev’essere ovviamente europea.

Le navi della nostra Marina militare, cioè in territorio italiano, hanno intanto accolto centinaia di extracomunitari ma per trasportarli in Spagna. Strano, no?

Non proprio. Oggi è attiva l’Operazione Themis, che ha archiviato e sostituito l’esperienza di Triton, lanciata dall’Ue nel novembre 2014 e che a sua volta era subentrata a Mare Nostrum. Operazione, questa, condotta esclusivamente dall’Italia grazie all’impegno della Marina e dell’Aeronautica. Themis ha previsto che d’ora in avanti l’accoglienza venga effettuata non più soltanto in Italia bensì anche “nel porto più vicino”, investendo finalmente di responsabilità tutti i protagonisti del Mediterraneo, in armonia con quanto sancito dalla convenzione di Amburgo, che finora era stata largamente disattesa. Il che significa che anche Grecia, Libia, Spagna o Malta dovranno aprire i loro porti per accogliere le persone soccorse in mare. Finora, invece, l’Italia era rimasta schiava di una clausola secondo la quale tutti i migranti recuperati in mare dovevano essere trasportati nei porti del nostro Paese e le navi dedite al soccorso avevano automaticamente l’autorizzazione a entrare nelle darsene. Ciò detto, è chiaro che la questione non è di tipo legale ma squisitamente politica.

Liti e bacchettate. Mai come adesso, Unione Europea divisa sull’accoglienza dei richiedenti asilo?

È appunto la questione politica il perno della cronaca delle ultime ore: Francia e altri Paesi stanno testando il nuovo governo italiano e cercano di capire sin dove si voglia spingere Matteo Salvini, che è il vero dominus di Palazzo Chigi. Dopo aver scongiurato un governo Le Pen, Parigi è allarmata dell’ondata populista-sovranista che ha investito l’Italia e che potrebbe presto prendere il sopravvento, visto che il governo italiano non è il solo a volere i respingimenti.

Il Mediterraneo resta infestato da “trafficanti di uomini e cose”. Questa è la vera emergenza irrisolta?

Il sottosviluppo. L’assenza di grandi piani economici di lungo termine in tutta l’Africa e il protrarsi di guerre civili in Medio Oriente hanno reso queste regioni già di per sé svantaggiate ancora più deboli. E poiché alla debolezza economica si sommano spesso le peggiori tragedie sociali, ecco che due continenti interi sono così indietro da rischiare di non poter più riscattare la propria condizione. Da qui l’urgenza e l’inevitabilità del concetto migratorio. L’uomo del sud del mondo che emigra al nord non è certo mosso dal desiderio di “conquistarci”, ma agisce per puro istinto di sopravvivenza. Che poi, in definitiva, è proprio questo che regola ogni azione umana, giusto?