I vent'anni di Vladimir Putin

L’ora X della Russia contemporanea scatta all’alba del 20 agosto 2020, quando Alexey Navalny perde conoscenza e cade sulla moquette del corridoio di un aereo low-cost nel cielo della Siberia. La notizia si diffonde subito in tutto il mondo, insieme a un video girato da un passeggero, dove si sentono urla strazianti. In seguito, Navalny racconterà di non ricordarsi cosa lo aveva fatto soffrire, di non rammentare nulla se non quel momento in cui «non ti fa male nulla, ma nello stesso tempo hai la nitida consapevolezza di stare morendo».

A Mosca sono le 4.50, a Tomsk le 8.50. Il volo 2614 della compagnia S7 è decollato da Tomsk meno di un’ora prima, e la presenza a bordo di uno degli uomini più popolari della Russia non è passata inosservata: le numerose foto e i selfie che i passeggeri scattano con Navalny al bar dell’aeroporto e sul pulmino che li porta a imbarcarsi, aiutano a certificare che il politico sembrava in ottima forma. Anche il comandante Vladimir Kuzmin riconosce nel passeggero svenuto in corridoio il famoso oppositore e chiede un atterraggio d’emergenza: «La cosa più probabile è un avvelenamento», dice, sapendo di stare salvando la vita a un uomo, ma ignorando di stare cambiando la storia.

La torre di controllo dirotta il volo a Omsk. Le hostess seguono angosciate l’addensarsi delle nuvole fuori dagli oblò, mentre insieme a un’infermiera trovata tra i passeggeri cercano di tenere in vita il paziente: «Alexey, bevi! Alexey, respira!».

Tratto dal libro
Navalny contro Putin
di Anna Zafesova