Nissan e Renault, il caso Ghosn

Carlos Ghosn, ex presidente della Nissan-Renault, si trovava da marzo 2019 in arresto cautelare nella sua casa di Tokyo, dalla quale a fine dicembnre 2019 è  fuggito in maniera rocambolesca grazie ad un ben congegnato piano di evacuazione. Il risvolto del caso sembrava essere un divorzio tra i francesi e i loro partner nipponici. A dirlo era stato il Financial Times, secondo cui i vertici di Nissan avrebbero accelerato la messa a punto di un piano di emergenza per una separazione da Rena. Nissan ha però dichiarato di non avere intenzione di sciogliere l’alleanza con Renault. Lo ha fatto sapere la giapponese attraverso un comunicato, smentendo le notizie del giornale economico.

Ghosn è stato per 19 anni uno dei protagonisti della ricostruzione industriale di Nissan. La sua entrata come amministratore delegato nell’industria giapponese risale al 1999, quando Renault ha acquisito il 44% dall’azienda nipponica. Le sue strategie di mercato, implementate dal metodo keiretsu, hanno reso Ghosn un modello da seguire nel mondo finanziario, sino allo scandalo del 2018.

Nel novembre 2018 Ghosn viene arrestato all’aeroporto di Tokyo, dove era appena atterrato, con l’accusa di condotta finanziaria illecita. Gli illeciti protratti da Ghosn sono stati scoperti grazie ad una indagine interna alla compagnia nipponica, la quale ha inoltrato il caso alla procura di Tokyo dopo aver raccolto sufficienti dati. Fra i capi di accusa, Ghosn figura colpevole di non aver fornito la propria dichiarazione dei redditi, per la quale è riuscito a patteggiare con Washington scontando 10 anni di allontanamento da cariche aziendali, mentre continua a negare responsabilità legali di fronte alla procura di Tokyo.

Secondo le autorità locali, il 31 dicembre 2019 Ghosn avrebbe raggiunto Osaka con un treno Shinkansen, da lì avrebbe raggiunto l’aereoporto privato di Osaka per prendere un volo privato in direzione di Istanbul. Dopo essere atterrato a Istanbul, Ghosn ha continuato la sua fuga alla volta del Libano, destinazione Beirut. Una volta arrivato nella capitale libanese, l’ex amministratore delegato ha dichiarato la sua indisponibilità a tornare in Giappone, a causa un sistema giudiziario ostile ed ingiusto. Le autorità giapponesi hanno faticato a spiegarsi la fuga, visto il sistema di sorveglianza a tuteta della casa di Ghosn e il fatto che l’uomo non avesse passaporti. La stretta sorveglianza faceva parte delle condizioni che regolavano l’arresto cautelare.

Grazie a più approfondite ricerche, si è scoperto che il piano di evacuazione è stato possibile grazie alla fondamentale presenza di un gruppo musical gregoriano e la cooperazione di ex ufficiali delle forze speciali. I musicisti sarebbero arrivati a casa Ghosn per una performance musicale, concludendo il loro show con un numero di magia: riuscire a nascondere l’ex amministratore in una custodia per strumenti musicali senza destare sospetti alle telecamere. Ghosn avrebbe dunque preso un jet privato nascosto nella custodia dello strumento, il che spiega come non vi sia traccia del suo passaggio nei registri di volo dell’aeroporto di Osaka. Intanto, in Giappone, le autorità hanno emesso un mandato d’arresto per Carole Ghosn, moglie dell’ex-amministratore.

La fuga ha sbigottito anche il legale giapponese di Ghosn, Junichiro Hironaka, che ha scoperto l’accaduto dal suo assistito attraverso i notiziari locali. Il legale è in possesso di tutti e tre i passaporti di Ghosn: francese, giapponese e libanese. Nella conferenza stampa a Beirut Ghosn, che già si era scagliato contro il sistema nipponico, è tornato a prendere di mira la giustizia in Giappone. In riferimento al caso Ghosn si parla di hitojichi-shiho, una legge spesso utilizzata dai procuratori che intimidiscono l’imputato senza un avvocato difensore. L’hitojichi-shiho si riduce al fatto che l’imputato rimane in custodia fino a quando non si incrimina da solo, firmando una confessione. In questo caso, i procuratori sfruttano a loro favore il fatto che l’accusato potrebbe passare un tempo molto lungo in prigione anche prima di andare in tribunale, spingendo così molti imputati, anche innocenti, alla confessione.

Ghosn ha anche mosso accuse verso la compagnia nipponica Nissan, la prima a svolgere un’indagine interna sulla sua condotta manageriale. L’ex-amministratore, il quale ignorava l’indagine interna, ha spiegato che dietro questi controlli si celerebbe una rappresaglia dei dirigenti giapponesi Nissan. La Nissan infatti non avrebbe sposato i piani integrativi sull’asse Nissan-Renault formulati da Ghosn e che avrebbero portato alla fusione fra le due compagnie. Il fronte più patriottico della casa nipponica Nissan era conscio del fatto che la loro industria avesse un volume di produzione più redditizio rispetto alla consociata francese. In base all’accordo di partecipazione azionaria incrociata, Renault possiede il 43,4% della Nissan, mentre l’azienda nipponica possiede solo il 15% della società francese senza diritto di voto.

Macron ha chiesto di incontrare il primo ministro giapponese Abe prima del vertice G20 in Argentina. Quest’ultimo intanto ha garantito la solidità della consociazione industriale fra le due compagnie, temendo possibili ripercussioni finanziarie. Un timore già presente nella agenda di Abe, il quale da anni si batte per l’occidentalizzazione del sistema capitalista giapponese, introducendo nuove figure, possibilmente straniere nei consigli di amministrazione esterni e dando più potere agli azionisti.

Ghosn al momento rimane a Beirut e risulta difficile pensare a nuovi eventuali spostamenti dato che il Libano non ha accordi di estradizione con il Giappone. Inoltre, Beirut si è mostrata essere a favore di Ghosn sin dal suo arresto avvenuto nel novembre 2018, supportando l’ex-amministratore nella fuga e dichiarando la legalità dei suoi spostamenti. L’uomo è entrato in Libano con una carta d’identità libanese. Secondo le ultime fonti, Ghosn si trova ancora a Beirut, con sua moglie Carole, e risiede nel quartiere di Achrafieh sotto la continua sorveglianza di guardie di sicurezza e della polizia locale.