Rwanda

Africa
Per secoli le popolazioni stanziate sul territorio, gli hutu, i tutsi e i twa, hanno coabitato pacificamente. Nel 1918, la dominazione belga favorì la minoranza tutsi a danno degli hutu, alimentando il risentimento tra le due etnie. Al momento dell’indipendenza, nel 1962, il Paese fu lasciato in mano agli hutu che misero in atto misure di segregazione e massacri contro i tutsi e provocarono un esodo di massa. Dall’Uganda molti tutsi si riorganizzarono nel Fronte Patriottico Ruandese (RPF), che nel 1990 sferrò un attacco contro il governo hutu di Kigali. Iniziò un conflitto lungo quattro anni in cui fu messo in atto uno dei peggiori genocidi della storia contemporanea: nell’aprile del 1994, a seguito dell’abbattimento dell’aereo su cui viaggiavano i Presidenti di Ruanda e Burundi, le milizie massacrarono i tutsi. L’RPF in risposta lanciò una campagna militare per conquistare il potere e vi riuscì nel luglio successivo. Il risultato del conflitto fu il massacro di oltre un milione di persone tra tutsi e hutu moderati, mentre due milioni di hutu si rifugiarono in Congo dove si formarono campi profughi in cui trovarono rifugio anche gli estremisti hutu. Questo causò lo sconfinamento delle forze ruandesi in Congo, dal quale si ritirarono solo nel 2002. Nel 2003 Paul Kagame, leader dell’RPF vince le elezioni, formalmente democratiche, e successivamente viene riconfermato nel 2005 e nel 2010.
La guerra civile e il genocidio hanno distrutto il sistema economico ruandese e decimato la popolazione, il cui 90% è oggi impiegata in agricoltura di sussistenza. Dal 2003 l’economia è tornata a crescere anche se una parte significativa vive ancora al di sotto della soglia di povertà. Nel corso degli anni il Paese ha beneficiato di diversi programmi del FMI e il governo ha cercato di migliorare sia il commercio regionale che la politica fiscale, oltre ad investire in tecnologia dell’informazione. La flessione mondiale del 2009 ha avuto ripercussioni sulle esportazioni e sul turismo, ma l’economia dal 2010 ha ripreso vigore, raggiungendo un +8,6% nel 2011. La performance migliore si è avuta nel settore minerario, nel settore edile e nei servizi. Nonostante il miglioramento, le entrate del Ruanda dipendono ancora in modo determinante dalle sovvenzioni internazionali che costituiscono il 40% del reddito totale. Una delle sfide future del governo sarà quella di sostenere il settore privato - che al momento ha un ruolo marginale nella crescita - e gli investimenti stranieri che rimangono ancora a livelli molto bassi.
Nonostante il Presidente Kagame prosegua nell’azione di rendere il Ruanda un Paese a reddito medio entro il 2020, l’opposizione lo accusa di autoritarismo. I media hanno spazi ristretti e vi sono dubbi circa la regolarità delle ultime elezioni del 2010. Per quanto riguarda la sicurezza, il rischio di terrorismo internazionale è basso. Tuttavia, vi sono delle questioni aperte con gli Stati limitrofi come il Congo e il Burundi, soprattutto per quanto riguarda la presenza di gruppi ribelli in quei paesi e che possono creare tensioni sia internamente che nei rapporti bilaterali. L’economia, anche se in ripresa, non riesce ad attrarre capitali stranieri e il settore privato fatica ad emergere, anche a causa della mancanza di energia elettrica e di una sufficiente rete dei trasporti.
Capitale: Kigali
Ordinamento: Repubblica presidenziale
Superficie: 26.338 km²
Popolazione: 12.012.589
Religioni: cristiana, islamica, culti locali
Lingue: kinyarwanda, francese, inglese
Moneta: franco ruandese (RWF)
PIL: 1.500 USD
Livello di criticità: Alto
Per secoli le popolazioni stanziate sul territorio, gli hutu, i tutsi e i twa, hanno coabitato pacificamente. Nel 1918, la dominazione belga favorì la minoranza tutsi a danno degli hutu, alimentando il risentimento tra le due etnie. Al momento dell’indipendenza, nel 1962, il Paese fu lasciato in mano agli hutu che misero in atto misure di segregazione e massacri contro i tutsi e provocarono un esodo di massa. Dall’Uganda molti tutsi si riorganizzarono nel Fronte Patriottico Ruandese (RPF), che nel 1990 sferrò un attacco contro il governo hutu di Kigali. Iniziò un conflitto lungo quattro anni in cui fu messo in atto uno dei peggiori genocidi della storia contemporanea: nell’aprile del 1994, a seguito dell’abbattimento dell’aereo su cui viaggiavano i Presidenti di Ruanda e Burundi, le milizie massacrarono i tutsi. L’RPF in risposta lanciò una campagna militare per conquistare il potere e vi riuscì nel luglio successivo. Il risultato del conflitto fu il massacro di oltre un milione di persone tra tutsi e hutu moderati, mentre due milioni di hutu si rifugiarono in Congo dove si formarono campi profughi in cui trovarono rifugio anche gli estremisti hutu. Questo causò lo sconfinamento delle forze ruandesi in Congo, dal quale si ritirarono solo nel 2002. Nel 2003 Paul Kagame, leader dell’RPF vince le elezioni, formalmente democratiche, e successivamente viene riconfermato nel 2005 e nel 2010.
La guerra civile e il genocidio hanno distrutto il sistema economico ruandese e decimato la popolazione, il cui 90% è oggi impiegata in agricoltura di sussistenza. Dal 2003 l’economia è tornata a crescere anche se una parte significativa vive ancora al di sotto della soglia di povertà. Nel corso degli anni il Paese ha beneficiato di diversi programmi del FMI e il governo ha cercato di migliorare sia il commercio regionale che la politica fiscale, oltre ad investire in tecnologia dell’informazione. La flessione mondiale del 2009 ha avuto ripercussioni sulle esportazioni e sul turismo, ma l’economia dal 2010 ha ripreso vigore, raggiungendo un +8,6% nel 2011. La performance migliore si è avuta nel settore minerario, nel settore edile e nei servizi. Nonostante il miglioramento, le entrate del Ruanda dipendono ancora in modo determinante dalle sovvenzioni internazionali che costituiscono il 40% del reddito totale. Una delle sfide future del governo sarà quella di sostenere il settore privato - che al momento ha un ruolo marginale nella crescita - e gli investimenti stranieri che rimangono ancora a livelli molto bassi.
Nonostante il Presidente Kagame prosegua nell’azione di rendere il Ruanda un Paese a reddito medio entro il 2020, l’opposizione lo accusa di autoritarismo. I media hanno spazi ristretti e vi sono dubbi circa la regolarità delle ultime elezioni del 2010. Per quanto riguarda la sicurezza, il rischio di terrorismo internazionale è basso. Tuttavia, vi sono delle questioni aperte con gli Stati limitrofi come il Congo e il Burundi, soprattutto per quanto riguarda la presenza di gruppi ribelli in quei paesi e che possono creare tensioni sia internamente che nei rapporti bilaterali. L’economia, anche se in ripresa, non riesce ad attrarre capitali stranieri e il settore privato fatica ad emergere, anche a causa della mancanza di energia elettrica e di una sufficiente rete dei trasporti.