Tunisia

Africa
La Tunisia, erede dell’impero di Cartagine, ha avuto fin dall’antichità un ruolo molto importante nel Mediterraneo, essendo situata al centro di vie marittime strategiche. Quando, nel 1956, si concluse il dominio coloniale francese, il Paese si dotò di una Costituzione (in vigore dal 1957 ma più volte emendata) che conferiva il potere al Presidente della Repubblica. La Tunisia fu allora guidata da Habib Bourguiba, che durante i tre decenni del suo mandato indirizzò la sua politica su una linea contraria al fondamentalismo islamico, aumentando notevolmente i suoi poteri personali. Nel 1987 Zine al-Abidine Ben Ali, ex capo dei servizi segreti, organizzò un colpo di stato che incontrò il favore di larga parte dell’esercito e delle élite tunisine, dando vita a un governo antidemocratico e a vocazione dittatoriale, di cui lui divenne presidente fino ai giorni nostri. Nell’inverno 2010-2011, però, la cosiddetta primavera araba ha prodotto ondate di manifestazioni di protesta contro la disoccupazione e la mancanza di libertà politica, cui ha fatto seguito una violenta repressione che ha provocato decine di morti. Ciò ha costretto il Presidente Ben Ali all’esilio e ha portato la Tunisia a nuove elezioni che, il 23 ottobre 2011 hanno sancito la vittoria dell’ala moderata del Partito Islamico Ennahda. La coalizione guidata da Ennahda ha tenuto al potere fino alla crisi istituzionale scaturita dall’ennesimo assassinio politico che nell’estate del 2013 ha scatenato una nuova ondata di manifestazioni popolari. A dicembre dello stesso anno si è giunti a un accordo tra i maggiori partiti politici tunisini per il ritiro di Ennahda dalla scena politica e la sostituzione del suo premier Ali Laarayedh con Mehdi Jomaa, a capo dell'esecutivo tecnico di transizione. Dopo che dal dicembre 2011 l'ex dissidente Moncef Marzouki è diventato presidente nella nuova fase costituente, dal 10 febbraio 2014 è entrata in vigore la nuova Costituzione democratica approvata il 27 gennaio. Le successive elezioni parlamentari e presidenziali di fine 2014, hanno poi incoronato Caid Essebsi quale nuovo presidente della Tunisia e il suo Nidaa Tounes quale primo partito del Paese. Il nuovo governo, cui partecipano anche gli islamisti di Ennahda, è guidato dal premier Habib Essid e ha giurato a inizio febbraio 2015.
La Tunisia ha vissuto un dinamismo economico già a partire dagli anni Settanta del Novecento, fatto che ha consentito al Paese di sviluppare importanti strutture produttive, particolarmente attive nel settore terziario. Oggi il commercio e il turismo (nonostante la significativa flessione causata dalla crisi politico-istituzionale del post-rivoluzione) trascinano una pur fragile economia, che si sostanzia nell’agricoltura e nella trasformazione di prodotti agricoli, nell’artigianato, nell’estrazione e lavorazione di minerali (petrolio, piombo, zinco, argento e mercurio). Ciò è stato possibile anche grazie al Trattato di libero scambio, siglato con l’Unione Europea nel 1995. L’inflazione è al 6,1%.
In seguito alla profonda crisi politico-istituzionale che ha interessato la Tunisia nel post-rivoluzione, il quadro della sicurezza è andato nettamente peggiorando, anche in concomitanza del perdurare di una condizione di instabilità cronica in Libia che sta diventando il nuovo safe haven dei gruppi militanti islamisti della regione sahariana. La Tunisia ha visto crescere considerevolmente la presenza di elementi salafiti all’interno del Paese nei quasi due anni di governo del partito islamista di Ennahda, il cui gruppo più in evidenza è stato quello di Ansar al-Sharia (dichiarato “organizzazione terroristica” dal governo tunisino ad agosto 2012). Ansar al-Sharia oggi agisce dalla Libia e in collaborazione con altri gruppi qaedisti regionali ma l’area del Monte Chaambi (nella regione tunisina di Kasserine, vicino al confine con l’Algeria) resta un covo di terroristi bersagliato dalle forze di sicurezza tunisine e algerine. In generale l’area meridionale della Tunisia è interessata da traffici di contrabbando (armi, droghe ed esseri umani) che sfruttano i porosi confini desertici tra Libia, Algeria e Tunisia per fini criminali. Il rischio terrorismo nel Paese, inoltre, è incrementato esponenzialmente anche con il persistere della guerra in Siria, a cui prendono parte numerosi maghrebini; il governo tunisino si trova dunque costretto a fare i conti con i centinaia di connazionali jihadisti che fanno rientro in patria dai combattimenti in Siria. Oltre al fattore terrorismo, un altro elemento di criticità è dato dalle tensioni socio-politiche, che come hanno dimostrato gli omicidi degli esponenti dell’opposizione, Chokri Belaid e Mohamed Brahmi, nel 2013 hanno scatenato proteste di piazza che hanno mandato in crisi le istituzioni di governo. Per non parlare del generalizzato malcontento popolare che perdura dalla rivoluzione del 2011 e dovuto al mancato miglioramento delle condizioni economiche e sociali. A marzo 2015, l'attacco rivendicato dallo Stato Islamico al museo del Bardo di Tunisi ha evidenziato tutte le difficoltà della Tunisia a uscire dalla condizione di perenne instabilità.
Capitale: Tunisi
Ordinamento: Repubblica presidenziale
Superficie: 163.610 km²
Popolazione: 10.937.521
Religioni: islamica 98%, cristiana 1%
Lingue: arabo (ufficiale), francese
Moneta: dinaro tunisino (TND)
PIL: 9.900 USD
Livello di criticità: Medio
La Tunisia, erede dell’impero di Cartagine, ha avuto fin dall’antichità un ruolo molto importante nel Mediterraneo, essendo situata al centro di vie marittime strategiche. Quando, nel 1956, si concluse il dominio coloniale francese, il Paese si dotò di una Costituzione (in vigore dal 1957 ma più volte emendata) che conferiva il potere al Presidente della Repubblica. La Tunisia fu allora guidata da Habib Bourguiba, che durante i tre decenni del suo mandato indirizzò la sua politica su una linea contraria al fondamentalismo islamico, aumentando notevolmente i suoi poteri personali. Nel 1987 Zine al-Abidine Ben Ali, ex capo dei servizi segreti, organizzò un colpo di stato che incontrò il favore di larga parte dell’esercito e delle élite tunisine, dando vita a un governo antidemocratico e a vocazione dittatoriale, di cui lui divenne presidente fino ai giorni nostri. Nell’inverno 2010-2011, però, la cosiddetta primavera araba ha prodotto ondate di manifestazioni di protesta contro la disoccupazione e la mancanza di libertà politica, cui ha fatto seguito una violenta repressione che ha provocato decine di morti. Ciò ha costretto il Presidente Ben Ali all’esilio e ha portato la Tunisia a nuove elezioni che, il 23 ottobre 2011 hanno sancito la vittoria dell’ala moderata del Partito Islamico Ennahda. La coalizione guidata da Ennahda ha tenuto al potere fino alla crisi istituzionale scaturita dall’ennesimo assassinio politico che nell’estate del 2013 ha scatenato una nuova ondata di manifestazioni popolari. A dicembre dello stesso anno si è giunti a un accordo tra i maggiori partiti politici tunisini per il ritiro di Ennahda dalla scena politica e la sostituzione del suo premier Ali Laarayedh con Mehdi Jomaa, a capo dell'esecutivo tecnico di transizione. Dopo che dal dicembre 2011 l'ex dissidente Moncef Marzouki è diventato presidente nella nuova fase costituente, dal 10 febbraio 2014 è entrata in vigore la nuova Costituzione democratica approvata il 27 gennaio. Le successive elezioni parlamentari e presidenziali di fine 2014, hanno poi incoronato Caid Essebsi quale nuovo presidente della Tunisia e il suo Nidaa Tounes quale primo partito del Paese. Il nuovo governo, cui partecipano anche gli islamisti di Ennahda, è guidato dal premier Habib Essid e ha giurato a inizio febbraio 2015.
La Tunisia ha vissuto un dinamismo economico già a partire dagli anni Settanta del Novecento, fatto che ha consentito al Paese di sviluppare importanti strutture produttive, particolarmente attive nel settore terziario. Oggi il commercio e il turismo (nonostante la significativa flessione causata dalla crisi politico-istituzionale del post-rivoluzione) trascinano una pur fragile economia, che si sostanzia nell’agricoltura e nella trasformazione di prodotti agricoli, nell’artigianato, nell’estrazione e lavorazione di minerali (petrolio, piombo, zinco, argento e mercurio). Ciò è stato possibile anche grazie al Trattato di libero scambio, siglato con l’Unione Europea nel 1995. L’inflazione è al 6,1%.
In seguito alla profonda crisi politico-istituzionale che ha interessato la Tunisia nel post-rivoluzione, il quadro della sicurezza è andato nettamente peggiorando, anche in concomitanza del perdurare di una condizione di instabilità cronica in Libia che sta diventando il nuovo safe haven dei gruppi militanti islamisti della regione sahariana. La Tunisia ha visto crescere considerevolmente la presenza di elementi salafiti all’interno del Paese nei quasi due anni di governo del partito islamista di Ennahda, il cui gruppo più in evidenza è stato quello di Ansar al-Sharia (dichiarato “organizzazione terroristica” dal governo tunisino ad agosto 2012). Ansar al-Sharia oggi agisce dalla Libia e in collaborazione con altri gruppi qaedisti regionali ma l’area del Monte Chaambi (nella regione tunisina di Kasserine, vicino al confine con l’Algeria) resta un covo di terroristi bersagliato dalle forze di sicurezza tunisine e algerine. In generale l’area meridionale della Tunisia è interessata da traffici di contrabbando (armi, droghe ed esseri umani) che sfruttano i porosi confini desertici tra Libia, Algeria e Tunisia per fini criminali. Il rischio terrorismo nel Paese, inoltre, è incrementato esponenzialmente anche con il persistere della guerra in Siria, a cui prendono parte numerosi maghrebini; il governo tunisino si trova dunque costretto a fare i conti con i centinaia di connazionali jihadisti che fanno rientro in patria dai combattimenti in Siria. Oltre al fattore terrorismo, un altro elemento di criticità è dato dalle tensioni socio-politiche, che come hanno dimostrato gli omicidi degli esponenti dell’opposizione, Chokri Belaid e Mohamed Brahmi, nel 2013 hanno scatenato proteste di piazza che hanno mandato in crisi le istituzioni di governo. Per non parlare del generalizzato malcontento popolare che perdura dalla rivoluzione del 2011 e dovuto al mancato miglioramento delle condizioni economiche e sociali. A marzo 2015, l'attacco rivendicato dallo Stato Islamico al museo del Bardo di Tunisi ha evidenziato tutte le difficoltà della Tunisia a uscire dalla condizione di perenne instabilità.