Zimbabwe

Africa
Ex colonia britannica, amministrata dal 1923 sotto il nome di Rhodesia, il Paese si rese indipendente nel 1965 con una dichiarazione unilaterale d’indipendenza, non riconosciuta a livello internazionale, cui fecero seguito la risoluzione 216 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e l’imposizione di sanzioni economiche alla neonata nazione, autoproclamatasi repubblica. Da allora i bianchi al governo si scontrarono con gruppi di rivoltosi di etnia shona, guidati dal partito ZANU (Unione Nazionale Africana Zimbabwe). Nel 1979, grazie alla mediazione britannica, si arrivò a un accordo per avviare un processo di transizione che portasse a una definitiva indipendenza del Paese. L’anno seguente, lo Zimbabwe assunse il nome odierno e la sua indipendenza fu riconosciuta a livello internazionale; le prime elezioni a suffragio universale elessero capo del governo Robert Mugabe, che assunse successivamente la carica di presidente. Gli anni Settanta e Ottanta furono tuttavia sconvolti da duri scontri interetnici tra i partiti ZANU (di etnia shona, più violento e nazionalista) e ZAPU (Unione del Popolo Africano delo Zimbabwe, di etnia Ndebele e più disposto al dialogo), i quali si riappacificarono, fondendosi in un unico partito, lo ZANU-PF, solo nel 1988. Dagli anni Novanta, lo Zimbabwe diventa di fatto un Paese a partito unico che permette al governo di adottare misure drastiche e impopolari senza opposizione alcuna e a Mugabe di essere rieletto per diversi mandati (l'ultimo rinnovato con le elezioni di luglio 2013). I Paesi limitrofi, ad eccezione del Sudafrica, hanno man mano preso le distanze dal governo di Harara soprattutto a causa del forte flusso di rifugiati che la politica repressiva di Mugabe fa riversare in Botswana e Zambia. Recentemente, l’opposizione è riuscita a strutturarsi nel movimento democratico guidato da Tsvangirai, ma la fase politica rimane contrassegnata dal caos e dalla violenza.
L’instabilità politica e la dittatura ferrea di Mugabe contribuiscono a rendere ancora più precario il già grave quadro della crisi economica, sociale e umanitaria del Paese. Pertanto, la povertà è oltremodo diffusa (quasi il 70% della popolazione vive sotto la soglia della povertà). Gran parte della popolazione si dedica all’agricoltura: primeggiano il mais, il frumento, la frutta e grandi coltivazioni di tabacco, di cui il Paese è tra i maggiori produttori al mondo. Anche le attività zootecniche e ittiche sono diffuse, sebbene la produzione sia calata anche in ragione dei ripetuti conflitti e di lunghi periodi di carestia e siccità. L’industria è attiva nei settori siderurgico, metallurgico e dell’estrazione e lavorazione di numerosi minerali, oro e diamanti in primis, cui si aggiungono platino, argento, rame, ferro e smeraldo. Altrettanto importante è il settore manifatturiero.
A più di trent’anni dall’indipendenza, lo Zimbabwe è ancora governato dal Presidente Robert Mugabe, leader del partito ZANU, nonostante l’ostilità della maggioranza della popolazione, le accuse da parte delle Organizzazioni internazionali di repressioni e violazione dei diritti umani e le denunce di aver condotto il Paese nella più totale rovina sociale ed economica (i dati sull’inflazione e la mortalità infantile si attestano tra i peggiori al mondo). Oltre all’agitazione sociale e all’instabilità politica, lo Zimbabwe è considerato un Paese a rischio, per gli stranieri soprattutto, per via del tasso di criminalità in aumento, dovuta alla povertà endemica della popolazione. Lo Zimbabwe non è un Paese a rischio terrorismo di matrice internazionale o trans-nazionale, ma si sono verificati di recente atti del genere di matrice politica e rapimenti che non hanno, tuttavia, visto il coinvolgimento di stranieri. Si segnala la presenza di campi minati risalenti alla guerra d'indipendenza lungo il confine con il Mozambico e lo Zambia. Lo Zimbabwe è anche una zona molto sfruttata per lo smercio di droga dall’Asia verso il Sudafrica. Un’altra problematica in aumento nel Paese è poi la presenza di denaro contraffatto. La circolazione di dollari americani, che la gente non conosce nemmeno bene, ha facilitato l’attività di contraffazione da parte dei gruppi criminali.
Capitale: Harare
Ordinamento: Repubblica presidenziale
Superficie: 390.757 km²
Popolazione: 13.182.908
Religioni: culti sincretici 50%, altre (50%)
Lingue: inglese (ufficiale), altri dialetti
Moneta: dollaro dello Zimbabwe (ZWD)
PIL: 600 USD
Livello di criticità: Alto
Ex colonia britannica, amministrata dal 1923 sotto il nome di Rhodesia, il Paese si rese indipendente nel 1965 con una dichiarazione unilaterale d’indipendenza, non riconosciuta a livello internazionale, cui fecero seguito la risoluzione 216 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e l’imposizione di sanzioni economiche alla neonata nazione, autoproclamatasi repubblica. Da allora i bianchi al governo si scontrarono con gruppi di rivoltosi di etnia shona, guidati dal partito ZANU (Unione Nazionale Africana Zimbabwe). Nel 1979, grazie alla mediazione britannica, si arrivò a un accordo per avviare un processo di transizione che portasse a una definitiva indipendenza del Paese. L’anno seguente, lo Zimbabwe assunse il nome odierno e la sua indipendenza fu riconosciuta a livello internazionale; le prime elezioni a suffragio universale elessero capo del governo Robert Mugabe, che assunse successivamente la carica di presidente. Gli anni Settanta e Ottanta furono tuttavia sconvolti da duri scontri interetnici tra i partiti ZANU (di etnia shona, più violento e nazionalista) e ZAPU (Unione del Popolo Africano delo Zimbabwe, di etnia Ndebele e più disposto al dialogo), i quali si riappacificarono, fondendosi in un unico partito, lo ZANU-PF, solo nel 1988. Dagli anni Novanta, lo Zimbabwe diventa di fatto un Paese a partito unico che permette al governo di adottare misure drastiche e impopolari senza opposizione alcuna e a Mugabe di essere rieletto per diversi mandati (l'ultimo rinnovato con le elezioni di luglio 2013). I Paesi limitrofi, ad eccezione del Sudafrica, hanno man mano preso le distanze dal governo di Harara soprattutto a causa del forte flusso di rifugiati che la politica repressiva di Mugabe fa riversare in Botswana e Zambia. Recentemente, l’opposizione è riuscita a strutturarsi nel movimento democratico guidato da Tsvangirai, ma la fase politica rimane contrassegnata dal caos e dalla violenza.
L’instabilità politica e la dittatura ferrea di Mugabe contribuiscono a rendere ancora più precario il già grave quadro della crisi economica, sociale e umanitaria del Paese. Pertanto, la povertà è oltremodo diffusa (quasi il 70% della popolazione vive sotto la soglia della povertà). Gran parte della popolazione si dedica all’agricoltura: primeggiano il mais, il frumento, la frutta e grandi coltivazioni di tabacco, di cui il Paese è tra i maggiori produttori al mondo. Anche le attività zootecniche e ittiche sono diffuse, sebbene la produzione sia calata anche in ragione dei ripetuti conflitti e di lunghi periodi di carestia e siccità. L’industria è attiva nei settori siderurgico, metallurgico e dell’estrazione e lavorazione di numerosi minerali, oro e diamanti in primis, cui si aggiungono platino, argento, rame, ferro e smeraldo. Altrettanto importante è il settore manifatturiero.
A più di trent’anni dall’indipendenza, lo Zimbabwe è ancora governato dal Presidente Robert Mugabe, leader del partito ZANU, nonostante l’ostilità della maggioranza della popolazione, le accuse da parte delle Organizzazioni internazionali di repressioni e violazione dei diritti umani e le denunce di aver condotto il Paese nella più totale rovina sociale ed economica (i dati sull’inflazione e la mortalità infantile si attestano tra i peggiori al mondo). Oltre all’agitazione sociale e all’instabilità politica, lo Zimbabwe è considerato un Paese a rischio, per gli stranieri soprattutto, per via del tasso di criminalità in aumento, dovuta alla povertà endemica della popolazione. Lo Zimbabwe non è un Paese a rischio terrorismo di matrice internazionale o trans-nazionale, ma si sono verificati di recente atti del genere di matrice politica e rapimenti che non hanno, tuttavia, visto il coinvolgimento di stranieri. Si segnala la presenza di campi minati risalenti alla guerra d'indipendenza lungo il confine con il Mozambico e lo Zambia. Lo Zimbabwe è anche una zona molto sfruttata per lo smercio di droga dall’Asia verso il Sudafrica. Un’altra problematica in aumento nel Paese è poi la presenza di denaro contraffatto. La circolazione di dollari americani, che la gente non conosce nemmeno bene, ha facilitato l’attività di contraffazione da parte dei gruppi criminali.