Era il maggio 2010 e sul numero 4 della Rivista di sicurezza, geopolitica e intelligence Theorema veniva pubblicato un commento di Paolo Savona, all’epoca presidente di Unicredit. Ecco cosa disse in quell’occasione sullo stato dell’economia italiana e sugli scandali di corruzione di allora (Fastweb e Telecom Sparkle) il professore sulla cui nomina a ministro dell’Economia ha posto il veto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Decisione che ha di fatto posto la parola fine su un governo M5S-Lega guidato da Giuseppe Conte.

«I problemi che assillano la nostra economia si sono aggravati: il deficit di bilancio statale e il debito pubblico sono aumentati, le banche sono più deboli e così pure le imprese esposte alla concorrenza internazionale. Continuiamo ad avere inoltre elevata pressione fiscale, inefficienza della pubblica amministrazione e carenze infrastrutturali che pesano negativamente sulla nostra competitività internazionale. Il nostro modello di sviluppo è trainato dalle esportazioni e, se non riusciamo a farle riprendere senza attendere che piova la manna dall’estero, avremo bassa crescita e disoccupazione».

«L’immagine dell’Italia peggiora, ma l’effetto diretto sull’economia è modesto, con tendenza a divenire perverso, perché crea una barriera protettiva dagli investimenti esteri peggiorando il funzionamento del mercato».

Sugli scandali di corruzione avvenuti in quegli anni in Italia, su tutte le vicende che hanno riguardato Fasteweb e Telecom Sparkle, per Savona «sono tutti episodi legati da un unico filo logico: l’assenza del rispetto della legge, the rule of law. Il rispetto di questo principio base è il fondamento della convivenza civile, nonché un interesse di ciascuno per poter pretendere il rispetto da parte degli altri».

«Esistono milioni di persone che si comportano correttamente, ma non fa notizia. È ben noto che un cane che morde la gamba di un uomo non fa notizia, mentre la fa un uomo che morde la gamba di un cane. Non mi risulta che all’estero non accada ciò che accade da noi. D’altronde la crisi che stiamo attraversando nasce da malversazioni con epicentro negli Stati Uniti e trasmissioni attraverso la City di Londra. Ma almeno gli americani, contrariamente agli inglesi, non fanno i moralisti, dando lezioni agli altri».