Al Sisi non solo è responsabile delle torture, delle sparizioni e delle uccisioni ma né informato in maniera diretta. La tesi che non sapesse di Regeni e che oggi possa non sapere nulla di Zaki è soltanto un modo per trovare fuori dall’Egitto, nelle teorie del complotto, le ragioni di comportamenti orribili che appartengono esclusivamente alle autorità egiziane.
Per Al Sisi siamo tutti terroristi. Il generale egiziano Al Sisi, salito al potere con il colpo di stato del 3 luglio 2013 che eliminò i Fratelli Musulmani, sembra che faccia di tutto per provocare l’indignazione degli italiani. E questo proprio mentre il governo, che ha mandato recentemente missioni al Cairo con Conte e di Maio a chiedere lumi sul caso Regeni e la Libia, vuole vendere due navi da guerra al regime egiziano, senza contare il resto degli affari italo-egiziani, dal gas dell’Eni alle forniture industriali e commerciali. Ai raìs del “politically correct” non importa proprio nulla: e così la magistratura egiziana ha fatto arrestare e torturare Patrick George Zaky, 27 anni, uno studente iscritto all’università di Bologna. Cristiano copto originario di una provincia del Delta, è stato sequestrato dalla Sicurezza di Stato il 7 febbraio al suo arrivo all’aeroporto del Cairo. Stava rientrando dall’Italia in Egitto per trascorrere una breve vacanza con la famiglia, ma non è mai arrivato a casa.
Perché dovremmo interessarci di lui, visto che è un cittadino egiziano sul quale pendeva _ per altro a sua insaputa _ un mandato di cattura? Patrick Zaky è uno studioso e attivista per i diritti umani. È ricercatore per l’ong “Egyptian initiative for personal rights” (Eipr) e si occupa dei diritti della minoranza cristiana, delle donne e di libertà di espressione. È noto per essersi sempre speso anche per i prigionieri politici meno noti. E ha sempre manifestato pubblicamente il suo sostegno alla campagna di verità e giustizia per Giulio Regeni.
Insomma Zaki è tutto tranne che un pericoloso terrorista: per di più ha il “difetto” di essere anche cristiano, in un Paese dove ci sono 10 milioni di cristiani copti. I teoria Al Sisi ha fatto grandi salamelecchi al Papa quando è stato in visita al Cairo, quell’ipocrita del Gran Mufti di Al Azhar _ per altro nominato dalle autorità di governo _ parla sempre di libertà religiosa: ma in realtà ci troviamo di fronte a dei bugiardi che non ha nessun tipo di tolleranza per la libera espressione del pensiero.
Come funzionano le cose in Egitto lo dice alla “Stampa” anche lo scrittore Al Aswani, autore di un libro di successo come “Palazzo Yacoubian”. Al Aswani, un signore sessantenne che intervistai diverse volte al Cairo nel suo studio di dentista, appartiene a quell’ala laica e secolarista dell’Egitto cui non sono mia piaciuti né i Fratelli Musulmani né i dittatori. Ora è costretto a vivere in esilio perché se rientra in patria lo attende una corte militare: “C’è un pacchetto standard di accuse che attende chi contesta Al Sisi: non servono prove e bastano per cacciarti in galera almeno fino all’arrivo degli avvocati che se non vanno a genio al potere vengono incarcerati pure loro”.
Per la autorità egiziane siamo tutti terroristi. L’Egitto stesso è stato trasformato in un enorme gruppo terrorista. La Procura suprema egiziana per la sicurezza dello Stato (Sssp) è uno degli strumenti più efficaci della complessa macchina della repressione imbastita dal luglio 2013 dal generale-presidente Al Sisi.
Lo si può leggere in un dettagliato rapporto stilato da Amnesty International e pubblicato lo scorso novembre, “Stato d’eccezione permanente”, 60 pagine che raccolgono 138 testimonianze e restituiscono un quadro preciso: il ruolo della Procura suprema nelle sparizioni forzate, nelle detenzioni politiche, negli abusi, nelle torture, nella violazione di ogni principio di un giusto processo.
La Procura lavora a stretto contatto con la National Security Agency (Nsa), i servizi segreti egiziani. Dei vertici della Nsa fanno parte i sette uomini che la magistratura italiana ha individuato come alcuni dei responsabili del pedinamento, del rapimento, delle torture, dell’uccisione di Giulio Regeni e i successivi depistaggi. Come spiega bene Amnesty International, diversi procuratori della Sssp sono ex funzionari dell’Nsa, altri sono parenti del presidente Al Sisi e di alti funzionari del suo governo.
Al Sisi non solo come autocrate dell’Egitto è responsabile delle torture, delle sparizioni e delle uccisioni ma né informato in maniera diretta. La tesi che non sapesse di Regeni e che oggi possa non sapere nulla di Zaki è soltanto un modo per trovare fuori dall’Egitto, nelle teorie del complotto, le ragioni di comportamenti orribili che appartengono solo ed esclusivamente alle autorità egiziane in carica.
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