Uno scambio di regali di sicuro effetto: una spada coreana e una sciabola russa. Termina così il summit del 25 aprile tra il presidente russo Putin e il nordcoreano Kim Jong un andato in scena vicino a Vladivostok, il primo tra i due leader. Un faccia a faccia “molto dettagliato”, come ha dichiarato lo stesso Putin, che finisce con le migliori promesse di una futura e più promettente collaborazione. Ma, appunto, per adesso sono solo promesse. Kim e Putin hanno iniziato a parlare già sulla scala mobile che li avrebbe portati alla sala dove era previsto si tenessero i colloqui. Lo scambio di opinioni su questioni strategiche ed economiche è durato molto più del previsto, due ore invece dei 50 minuti fissati. E Putin, stranamente, era in largo anticipo.

Dopo il faccia a faccia, Putin ha detto che il leader nordcoreano ha bisogno di garanzie internazionali alla propria sicurezza per poter mettere fine al programma nucleare. Queste garanzie possono arrivare solo attraverso uno sforzo multilaterale, ha aggiunto il presidente russo. «Tutti noi dovremmo pensarci, è qui la questione», ha detto Putin ai reporter. Per il presidente russo, le garanzie alla sicurezza offerte dagli Usa al regime nordcoreano non sono abbastanza per convincere Pyongyang ad abbandonare il programma atomico. Tali garanzie dovrebbero essere invece inserite uno schema legale internazionale a garanzia della sovranità della Corea del Nord. Le rassicurazioni a cui pensa Putin dovrebbero essere supportate dalle altre nazioni coinvolte nei famosi “colloqui a sei”, vale a dire anche da Russia, Cina, Giappone, e Corea del Sud. Putin ha detto inoltre che non si può pensare di ottenere dalla Corea del Nord un immediato abbandono del programma nucleare, ma che bisogna invece procedere un passo alla volta, in modo da guadagnare la fiducia reciproca. L’intenzione della Russia era appunto provare a rilanciare i “colloqui a sei” sulla denuclearizzazione coreana. Come c’era da aspettarsi, Peskov, portavoce del presidente Putin, ha dichiarato che i colloqui a sei sono l’unica cornice efficace per portare avanti il dialogo. «Al momento non esistono meccanismi internazionali più efficaci», ha aggiunto il portavoce.

Il summit con Kim era un modo per Putin di dimostrare quanto la Russia sia fondamentale per gli sforzi diplomatici necessari a realizzare la tanto auspicata denuclearizzazione. Lo scopo del Cremlino era ottenere l’attenzione mediatica utile a mostrare quanto Mosca sia un attore centrale e necessario a ottenere qualsiasi soluzione che imporrà un nuovo equilibrio in Asia orientale.  La cooperazione economica, oltre al dossier nucleare, era uno degli argomenti in testa all’agenda del summit. “La Russia e la Corea del Nord sono d’accordo nell’approfondire la cooperazione e Putin ha accettato l’invito di Kim Jong un a visitare la Corea del Nord”, scrive l’agenzia di Stato nordcoreana KCNA.

Per Kim, il summit è certamente una carta da giocare nella partita con Washington. L’idea che il leader nordcoreano stia perdendo la pazienza riguardo il limbo in cui sono finiti i negoziati con gli americani sembra essere rafforzata dalle dichiarazioni post summit. Kim ha detto che è disposto ad aspettare fino alla fine dell’anno per una condotta più “flessibile” da parte Usa. «La situazione della penisola coreana ha raggiunto un punto critico, dal quale sarà possibile retrocedere e tornare al punto di partenza», è stato l’avvertimento di Kim rilanciato dall’agenzia KCNA.

Il dittatore prosegue nel suo intento di aumentare il proprio potere negoziale verso gli Usa, soprattutto dopo il fallimento del summit con Donald Trump dello scorso febbraio in Vietnam, finito senza alcun accordo. Il leader nordcoreano cercava appoggio dalla Russia per uscire dallo stallo delle trattative con gli Stati Uniti in merito alla questione della denuclearizzazione. Kim infatti voleva ottenere da Putin il sostegno necessario a ricevere finalmente da Washington delle concessioni iniziali in cambio di passi concreti verso la rinuncia al programma atomico. Concessioni che per Kim Jong un comportano un alleggerimento delle sanzioni internazionali che soffocano l’economia della Corea del Nord e che sembra stiano funzionando.

Il summit è terminato dunque con la promessa di stringere legami molto più forti tra Russia e Corea del Nord, ma senza l’impegno pubblico da parte russa di assistenza economica e di aiuti per mitigare gli effetti delle sanzioni internazionali. Punto su cui Kim aveva riposto più di qualche speranza, ma per Putin un tale coinvolgimento a sostegno di Pyongyang non porta alcun vantaggio. È amore tra Russia e Corea del Nord? Forse no, ma certo Putin non ha sposato l’approccio Usa e con la Cina si era detto a favore della rimozione delle sanzioni. Tuttavia, come Pechino, la Russia non è perfettamento a suo agio con una Corea del Nord quale potenza nucleare.

 

LANG SON, VIETNAM – FEBRUARY 26: Kim Jong-Un waves from his car after arriving by train at Dong Dang railway station near the border with China on February 26, 2019 in Lang Son, Vietnam. North Korea’s leader Kim Jong-Un arrived in Vietnam for the first time on Tuesday as preparations continue in Hanoi for the summit with U.S President Donald Trump in Hanoi later this week. Reports have indicated that both leaders could agree on a joint statement declaring an end to the 1950-53 Korean War while denuclearization of the Korean Peninsula and ending international sanctions against Pyongyang is expected to be discussed during the summit. (Photo by Linh Pham/Getty Images)

Un particolare meritevole di menzione: le limousine del dittatore. Kim alla stazione di  Vladivostok aveva ad attenderlo due auto super lussuose: una Mercedes Maybach S600 Pullman Guard e una Mercedes Maybach S62. Maybach è il sub brand di extra lusso di Mercedes e la prima è un’auto blindata. Le limo di Kim provavo quanto sia poroso il regime di sanzioni imposto dalle Nazioni Unite alla Corea del Nord su molti beni di lusso. Daimler, gruppo industriale di cui fa parte Mercedes, non ha assolutamente idea di come Kim si sia procurato le automobili, forse già sfoggiate in altri summit di alto profilo.

William Hagerty, ambasciatore Usa in Giappone ha detto a un think-tank di Washington che Kim sarebbe in contatto con Mosca e con Pechino nel quandro di uno sforzo comune mirato ad ridurre le sanzioni internazionali. Dopo il summit tra Putin e Kim resta infatti da vedere cosa farà la Cina.