Sono 8 i paesi che, almeno temporaneamente resteranno fuori dalla portata di quelle che Donald Trump definisce la sanzioni più pesanti della storia contro la Repubblica Islamica Iraniana. Sei mesi e poi ogni posizione sarà rivista e riconsiderata. Tra gli esclusi, un po’ a sorpresa, c’è l’Italia in compagnia di Cina, Taiwan, India, Grecia, Turchia, Giappone e Corea del Sud che continueranno a poter fare affari con Teheran. Tutti gli altri paesi che tenteranno di avere rapporti commerciali o finanziari con l’Iran saranno a loro volta oggetto di sanzioni ad ogni livello da parte degli Stati Uniti. I settori colpiti costituiscono il cuore dell’economia iraniana: energia, porti, trasporti marittimi, cantieristica, finanza con lo scopo ormai chiaro di piegare quello che è diventato un vicino scomodo per il regime di Ryad e il suo alleato Israele.

A questo ennesimo sfoggio muscolare dell’amministrazione americana, dettato anche da urgenze elettorali, risponde con la consueta pacatezza Hassan Rouhani che evidenzia come gli Stati Uniti violino sistematicamente accordi e diritto internazionale e ribadisce che l’Iran continuerà a vendere il suo petrolio, di fatto ignorando l’embargo.

Per l’Italia si tratta di una fondamentale boccata di ossigeno visti gli importanti scambi commerciali con il paese mediorientale. L’esclusione del nostro paese comporterà il mantenimento delle commesse delle aziende italiane che operano in Iran ma la contropartita politica riguarderà altri temi scottanti della nostra politica interna: i progetti TAV, TAP e MUOS dovranno rimanere in piedi. Con buona pace delle promesse elettorali.