Il Segretario Usa all’Energia Rick Perry ha dato il via libera a sei autorizzazioni segrete su richiesta di aziende americane per vendere tecnologia nucleare all’Arabia Saudita. Lo ha reso noto un report dell’agenzia Reuters. L’Amministrazione Trump avrebbe condotto in segreto le trattative per un più vasto accordo con Riad mirato alla fornitura di tecnologia nucleare, accordo che punterebbe alla costruzione in Arabia Saudita di almeno due centrali. Nella lista dei Paesi interessati a stringere con il giovane erede saudita Mohammed bin Salman e con suo padre un accordo sul nucleare non ci sarebbero però solo gli Stati Uniti. La competizione riguarda anche Russia e Corea del Sud, ma il vincitore della gara sarà annunciato da Riad non prima della fine dell’anno.

Le autorizzazioni approvate da Perry sono note come “Part 810”e hanno un valore solo preliminare rispetto a un eventuale futuro accordo relativo al trasferimento di tecnologia nucleare, che potrebbe essere impiegata per la costruzione di centrali. Ancora secondo Reuters, la National Nuclear Security Administration (NNSA), ente del Dipartimento dell’Energia sotto la direzione di Rick Perry, avrebbe chiesto all’Amministrazione Trump di mantenere segrete le autorizzazioni, venendo meno alla procedura che di solito prevede la pubblicazione e la possibilità di visionare le autorizzazioni presso il quartier generale dell’organo. Diversi membri del Congresso hanno sollevato la questione mettendo in evidenza i rischi per la stabilità del Medio Oriente. Il principe Saudita Mohammed bin Salman aveva già manifestato apertamente l’intenzione di dotare l’Arabia Saudita dell’arma atomica. MbS aveva infatti parlato alla CBS l’anno scorso dichiarando che il regno avrebbe sviluppato armi nucleari se l’avesse fatto anche Teheran.  Non si capisce bene, per adesso, se le autorizzazioni siano state approvate prima o dopo l’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, avvenuto ad ottobre al consolato saudita di Istanbul. Un’eliminazione brutale eseguita secondo la Cia dietro mandato del principe MbS.

La notizia ha scosso la politica americana sia sul fronte repubblicano che democratico. Brad Sherman,  esponente blu alla Camera, ha chiesto spiegazioni a Mike Pompeo accusando il governo di voler eludere il parere del Congresso. Il Segretario di Stato Pompeo ha risposto precisando che l’eventuale condivisione di tecnologia nucleare con i sauditi non comporterebbe rischi per la proliferazione nucleare. ll senatore repubblicano Marco Rubio insieme al democratico Bob Menendez hanno inoltre avanzato la richiesta al Government Accountability Office (GAO), organo investigativo del Congresso, perché faccia chiarezza sugli accordi che il governo ha in sospeso con Riad in merito al nucleare.

La questione non è solo politica ma indubbiamente anche economica. In circostanze normali se un Paese volesse sviluppare la tecnologia nucleare ad uso civile e per andare incontro alle proprie esigenze energetiche, non ci sarebbe niente di cui discutere. Ma le ambizioni nucleari saudite, non certo nuove, fanno riflettere e generano allarme perché il Paese guidato di fatto da MbS non è uno come tanti. Almeno 8 anni fa, ricorda il Financial Times, Riad si era posta l’obiettivo di costruire 16 reattori nell’arco di tempo di 20 anni. Questo impegno è stato più volte rivisto e aggiornato per conseguire una capacità di 17 gigawatt entro il 2032 o il 2040. Tra i Paesi che potrebbero fornire il know how per i reattori ci sarebbero anche Cina e la Francia. L’Arabia Saudita impiega oggi più di un quarto dell’attuale produzione di petrolio per produrre energia elettrica. Ciò comporta inevitabilmente una perdita consistente della produzione che invece potrebbe essere esportata, in un momento in cui per giunta il prezzo del petrolio è già basso. Ad ogni modo, Riad non avrebbe che da scegliere: o la sudcoreana Kepco – Seoul vanta buone relazioni con i sauditi – o la russa Rosatom. Un accordo con Mosca dimostrerebbe inoltre l’ottimo vento che spira tra Russia e Arabia Saudita.