Per la prima volta dopo oltre tre anni Singapore abbassa la forbice di cambio della sua valuta, il dollaro di Singapore (S$). Le tensioni commerciali tra USA e Cina, e soprattutto la cosiddetta “guerra dei dazi”, hanno provocato un rallentamento dell’economia nella città-stato asiatica, da sempre nota come importante centro finanziario internazionale. L’economia di Singapore, infatti, dipende soprattutto dalle esportazioni. Nonostante ciò, lo stato asiatico è riuscito ad evitare la recessione, registrando una crescita del Pil dello 0,6% nel terzo trimestre del 2019. Oltre a ciò, il Global Competitiveness Report 2019 ha visto la piccola repubblica asiatica superare gli USA in termini di competitività economica.

Una vera e propria guerra dei dazi

Secondo InsideOver.com, “la Trade War in atto, al di là del significato geopolitico, sta trasformando l’economia globale e le sue rotte commerciali”. I dazi americani sui prodotti cinesi, infatti, stanno danneggiando l’economia di diversi Paesi, ma stanno avvantaggiando quella di altri.  A fregarsi le mani grazie alle nuove tariffe statunitensi sono soprattutto la Malaysia, la Thailandia, il Vietnam, le Filippine, l’India e l’Indonesia. Infatti, le aziende americane che prima producevano in Cina, ora si stanno spostando verso questi territori confinanti, per evitare di essere penalizzate dai nuovi dazi.

Dall’altro lato, siccome alla Cina non conviene più importare dagli USA, si rivolgerà agli altri Paesi asiatici. È il caso soprattutto di Malaysia e Thailandia, che possiedono importanti industrie nel settore automobilistico. Queste ultime, probabilmente, riforniranno la Cina invece degli USA. Inoltre, la Cina potrebbe decidere di delocalizzare la produzione nei Paesi confinanti, per eludere i dazi americani.

L’accordo

I recenti colloqui commerciali tra gli States e la Cina, però, sono stati positivi, ed hanno evitato un ulteriore aumento dei dazi dal 25% al 30%. Secondo i media internazionali, si tratta di un primo passo avanti verso un vero e proprio accordo commerciale, che ha perlopiù causato anche reazioni positive da parte dei mercati finanziari: venerdì 11 ottobre, quando la notizia dell’accordo ha raggiunto le Borse, gli indici americani sono saliti. Tuttavia, sono discesi lievemente verso la chiusura della seduta, quando si è appreso che l’accordo deve ancora essere messo per iscritto. Il deal tra gli USA e la Cina riguarderà la delicata questione della proprietà intellettuale, oltre che gli scambi di prodotti agricoli. Sembra che, in una fase successiva, ci sarà una tregua anche per la guerra contro Huawei, il colosso cinese degli smartphone.

L’economia di Singapore

Negli anni ‘90 Singapore si era guadagnata il soprannome di “tigre asiatica”, insieme a Taiwan, Corea del Sud e Hong Kong. Si stima che la città-stato sia la quarta piazza per gli scambi commerciali più importante del mondo, dopo Londra, New York e Tokyo. La sua economia è fiorente soprattutto nel settore manifatturiero, ed in particolare nell’industria del petrolio e in quella dell’elettronica.

Ma non solo: Singapore se la cava molto bene anche nel settore terziario. È infatti una ricercata meta turistica e, grazie ai suoi casinò, è stata definita una tra le migliori alternative a Las Vegas. Il suo governo, infatti, ha legalizzato il gioco fin dal 2006. Il casinò più famoso è senza dubbio quello all’interno del resort Marina Bay Sands, che comprende anche un centro commerciale, una sala convegno, un museo, due teatri e sette ristoranti. Il quartiere arabo Haji Lane e quello indiano Little India affascinano da sempre turisti provenienti da tutto il mondo: infatti sono lo specchio della popolazione mutietnica della città.

Oltre a ciò, Singapore è nota per il turismo medico: si stima che, nel 2017, oltre 500.000 persone vi siano arrivate dall’estero per farsi curare. Oggi, tuttavia, la città-stato soffre della competizione agguerrita di altre nazioni vicine, come la Malaysia e la Thailandia, le cui cliniche offrono prezzi molto più bassi.

Singapore si è ripresa piuttosto velocemente dalla crisi dei primi anni del nuovo millennio: nel 2001, ha istituito l’Economic Review Committee, con l’incarico di generare un miglioramento dell’economia.

 

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