Attacco alla Siria doveva essere ed attacco alla Siria alla fine è stato. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha fatto seguire alle parole i fatti dopo che questa settimana si era scagliato più volte contro il presidente siriano Bashar Al Assad, accusandolo di aver compiuto un nuovo massacro con armi chimiche, questa volta nella città ribelle di Douma, dove lo scorso 7 aprile ci sarebbero stati tra i 40 e i 70 morti.

«Ho ordinato alle forze armate di lanciare attacchi di precisione su obiettivi legati alle capacità chimiche del dittatore siriano Bashar al-Assad», ha dichiarato Trump poche ore fa. L’offensiva è scattata all’alba. Si è trattato di un attacco missilistico effettuato da Stati Uniti, Regno e Francia contro obiettivi siriani collegati – secondo Washington, Londra e Parigi – alla produzione di armi chimiche da parte del governo di Damasco.

Missili sono piovuti contro il centro di ricerche di Barzeh, pochi chilometri a nord di Damasco, sospettato di aver sviluppato armi chimiche e biologiche, e contro due depositi situati nei pressi di Homs, dove è stata centrata anche una base militare siriana.

 

L’attacco di questa mattina è il più potente lanciato dalle forze occidentali contro il governo di Damasco dall’inizio della guerra civili nel 2011. Supera per potenza di fuoco anche quello del 7 aprile 2017, quando gli USA colpirono con 59 missili da crociera Tomahawk la base area siriana di Shayrat da dove, secondo il Pentagono, nei giorni precedenti era partito un attacco con armi chimiche sferrato da Damasco contro la località di Khan Shaykhun, in mano ai ribelli, in cui morirono più di 80 persone.

Nell’attacco di questa mattina i gli USA hanno usato sempre missili da crociera, facendone però esplodere più del doppio rispetto a un anno fa come confermato dal segretario alla Difesa americano James Mattis. I missili sarebbero partiti da almeno tre navi da guerra e da un bombardiere B-1. Il Regno Unito, invece, ha partecipato all’azione con quattro caccia Tornado colpendo un sito militare vicino ad Homs dove si ritiene fossero custoditi materiali per la fabbricazione di armi chimiche. Anche la Francia ha colpito dall’alto con propri caccia.

Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione con base a Londra notoriamente vicina al fronte dei ribelli anti-Assad, i bersagli colpiti da USA, Regno Unito e Francia sono di più rispetto ai tre elencati dal Pentagono. Oltre a centri di ricerca scientifica, vi sarebbero anche diverse basi militari comprese quelle della Guardia Repubblicana e della Quarta Divisione meccanizzata, situate sul Monte Qasyoun vicino a Damasco. Si tratta di due unità d’élite dell’esercito siriano, in prima linea nell’assalto completato a Douma pochi giorni fa. Altri obiettivi sarebbero stati centrati nella provincia di Hama, nei pressi di Misyaf.

 

 

In attesa di quantificare la reale entità di questo attacco alla Siria, è arrivata immediata la reazione di Mosca che attraverso il proprio ambasciatore a Washington ha dichiarato che l’offensiva «non verrà lasciata senza conseguenze». Il generale americano Joseph Dunford, capo dello Stato Maggiore congiunto, in una conferenza stampa ha specificato che gli Stati Uniti hanno identificato gli obiettivi da colpire in modo da «mitigare» il rischio di possibili vittime tra i militari russi presenti in territorio siriano. Ma gli USA non avevano avvertito il Cremlino del lancio dell’azione: versione confermata da stesso Pentagono, poi però smentita da una ricostruzione attendibile secondo cui sarebbe stato il presidente francese Emmanuel Macron ad avvertire Vladimir Putin.

Reazioni sono arrivate anche da Damasco che tramite l’agenzia Sana ha definito l’azione occidentale «una flagrante violazione del diritto internazionale». «L’aggressione americana, francese e britannica contro la Siria fallirà» ha dichiarato il governo di Assad. Secondo la televisione di Stato siriana la contraerea avrebbe abbattuto più di una dozzina di missili, mentre solo un centro di ricerca vicino a Damasco sarebbe stato danneggiato. Il bilancio sarebbe di tre civili feriti nei pressi di Homs. Occorrerà aspettare però il bilancio che verrà fornito dagli USA per capire che tipo di colpo è stato realmente inferto ad Assad.

Resta infine un punto interrogativo sulla missione che gli ispettori dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) avrebbero dovuto compiere proprio in questi giorni a Douma per accertarsi della natura dell’ultimo attacco di Damasco. Ancor prima del loro arrivo, a stabilire la verità sono stati i missili di Stati Uniti, Regno Unito e Francia. Occorrerà adesso capire se questa offensiva sarà sufficiente per imprimere una svolta al conflitto siriano, cosa che non è accaduta lo scorso anno dopo l’attacco americano contro la base di Shayrat.