Le forze speciali dell’esercito curdo, gli americani, i russi, i francesi e i cacciatori di taglie di mezzo mondo gli davano la caccia da mesi e aspettavano solo che facesse una mossa avventata. Per questo gli spazi attorno a lui si erano sensibilmente ridotti, sia fisici che virtuali. L’ultimo suo messaggio nel quale aveva chiesto di colpire negli Stati Uniti e nei Paesi della coalizione che combattono lo Stato Islamico è del 23 aprile scorso; “Fate di questi Paesi il teatro di tutte le vostre operazioni, così che i pagani e i russi assaggino un po’ dell’inferno della loro tirannia”. Non essendo ancora riuscito a imporsi come figura di riferimento visto lo scarso carisma e una voce non proprio da leader, Abul-Hasan Al-Muhajir per colmare il gap forse si è esposto troppo e qualcuno da tempo lo stava pazientemente aspettando.
Sono questi i probabili motivi che hanno portato alla cattura odierna del portavoce dello Stato Islamico Al-Muhajir (vale a dire “colui che viene da fuori” o “il migrante”) arrestato stamani da “un reparto speciale delle Forze Democratiche Siriane e da elementi dello YPG curdo con addestramento specifico”, come specificato dalle autorità curdo-siriane.
Non ci sono conferme sulla partecipazione diretta di altre forze speciali all’arresto, anche se gli elicotteri utilizzati nel blitz sono quelli delle forze speciali USA. L’operazione, che è stata fulminea e aveva come obbiettivo quello di catturare Al-Muhajir vivo, si è svolta nel villaggio siriano di Kathwein (provincia di Deir Ezzor), una delle poche zone ancora sotto il controllo delle bandiere nere di Abu Bakr Al Baghdadi.
Difficilmente verranno rivelati altri dettagli sulla cattura di Abul-Hasan Al-Muhajir del quale si sa nulla o quasi (leggi questo approfondimento). Facile immaginare che Al-Muhajir ora dovrà passare attraverso lunghi interrogatori (e relativa durissima detenzione) nel corso dei quali, prima di tutto, dovrà dire chi è davvero e da dove viene.
L’attuale portavoce dell’ISIS era stato designato come successore del carismatico Abu Mohammed Al-Adnani, ucciso nell’agosto del 2016 da un missile americano. Di lui si disse che era stato designato come futuro leader del Califfato motivo per cui era divenuto un target prioritario delle forze speciali americane.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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