Il Pentagono invierà altri 150 militari nel nord-est della Siria, per rafforzare le pattuglie al confine assieme alle forze turche. Una mossa che, sottolinea il New York Times, inverte i piani del ritiro ordinato da Donald Trump lo scorso dicembre. I soldati parteciperanno alle pattuglie miste che, in base all’accordo raggiunto a luglio, dovranno sostituire le forze curde delle Ypg su tutto il confine nord-orientale, quasi 300 chilometri. Un primo tratto, di 120 chilometri, è stato attivato una settimana fa.
L’accordo per un fascia di sicurezza è stato concesso da Washington per ridurre le tensioni con la Turchia, un alleato Nato. Ankara contesta il sostegno americano ai combattenti curdi, alleati decisivi nella vittoria contro l’Isis a Raqqa e in tutti i territori siriani a Est dell’Eufrate. Per il governo di Ankara però le Ypg non sono altro che il braccio siriano del Pkk turco, quindi una “organizzazione terroristica”.
Gli Stati Uniti mantengono in Siria ancora circa mille soldati, compresi 200 al confine sud-orientale con l’Iraq, al posto di frontiera di Al-Tanf. Oltre che in funzione anti-Isis, sono dispiegati per ostacolare i movimenti delle milizie sciite fra Iraq e Siria, che al momento dispongono soltanto di un punto di passaggio principale, ad Al-Bukamal.
L’accordo con la Turchia è però molto precario. Il presidente Recep Tayyip Erdogan vuole approfondire la fascia di sicurezza da 5 a 30 chilometri e il disarmo totale delle Ypg. La scorsa settimana ha minacciato un’operazione militare in territorio siriano se non otterrà quello che ha chiesto a Washington.
Di Giordano Stabile, pubblicato su La Stampa
Sabah file photo

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