La strategia di Boris Johnson su Brexit

Il governo conservatore del premier britannico Boris Johnson ha annunciato un nuovo voto alla Camera dei Comuni per lunedì 9 settembre sulle elezioni anticipate. Johnson il 4 settembre non era riuscito a raggungere il quorum richiesto su una prima mozione che avrebbe dato l’ok del Parlamento alle elezioni anticipate per il 15 ottobre. Lunedì potrebbe diventare legge il testo proposto Hilary Benn dei Laburisti per evitare il famoso no deal, ovvero un’uscita dura e disordinata di Londra dall’Ue il prossimo 31 ottobre.

Il leader Laburista Jeremy Corbyn ha detto che l’approvazione della legge sul no deal è un passaggio necessario prima di indire nuove elezioni. La proposta sul voto anticipato non è stata accolta in Parlamento, Johnson ha ottenuto 298 voti a favore e 56 contrari, non riuscendo così a raggiungere la maggioranza di due terzi, ovvero 434 voti. La sera del 4 settembre la Camera dei Comuni, ovvero il ramo basso del Parlamento, ha approvato la proposta di legge sul no deal, che nella sostanza impegna il governo di Londra a chiedere un rinvio della scadenza di Brexit, ma il provvedimento deve passare anche dalla Camera dei Lord e necessita della firma della Regina. L’intenzione di Corbyn è assicurarsi che la legge sia approvata prima della sospesione dei lavori del Parlamento per 5 settimane, voluta dal premier e appoggiata dalla Regina, che secondo le critiche serve a evitare il dibattito su Brexit. Nel giro di pochi giorni il governo del neopremier Johnson è stato battuto più volte a causa dell’opposizione dei parlamentari “ribelli” e ha perso la debole maggioranza in Parlamento, già prossima allo zero e garantita da un solo voto.

La strategia del premier

I 21 conservatori “ribelli” hanno votato contro i piani di Boris Johnson. Secondo questa analisi del Financial Times, alcuni degli alleati più stretti del premier avrebbero festeggiato il fatto che il partito sia stato “ripulito”. Dominic Cummings, consigliere di Johnson e artefice della strategia aggressiva del premier, si sarebbe rivolto così a Jeremy Corbyn: «Dai, Jeremy, facciamo queste elezioni. Non temere». La spavalderia mostrata da Johnson ha persuaso alcuni che il primo ministro e i suoi alleati stiano agendo in base a un piano che punta a mettere lo sgambetto agli oppositori e a portare finalmente a casa Brexit, a vantaggio del partito Conservatore. Questa strategia però non starebbe funzionando esattamente come previsto, avrebbero ammesso alcune pedine dell’esecutivo Johnson. Qualcuno pensa che Johnson e Cummings sfoggino troppa sicurezza, soprattutto qualora il Parlamento dovesse votare la legge sul no deal. Per alcuni conservatori, invece, la dipartita dei membri più moderati va risolta il prima possibile perché così le elezioni sarebbero perse. Il primo ministro sembra aver messo in atto la stessa tattica del presidente Usa Donald Trump, attaccare gli oppositori e provocarli, suggerisce il Guardian. «Non c’è altra opzione della guerra lampo – ha detto un alleato di Johnson – il peggio che potrebbe accadere è che dallo scoppio della guerra vengano fuori nuove elezioni». Ancora secondo l’analisi del Financial Times, Johnson non vorrebbe davvero le elezioni ma presentarsi a Bruxelles ad ottobre con la carta del no deal ancora sul tavolo. Ma l’Unione Europea ha chiarito in più di occasioni di non essere disposta a modificare l’accordo negoziato con il governo di Theresa May, che il Parlamento britannico ha respinto per tre volte, e non sembra disponibile a una nuova proroga.

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Il giornale finanziario ha svelato anche il contenuto di una nota riservata di Michel Barnier, il capo negoziatore dell’Ue, destinata ai diplomatici europei. Nella nota Michel Barnier scrive che il negoziato tra Londra e Bruxelles su Brexit è «attualmente in uno stato di paralisi», con l’esecutivo Johnson che nega tale impasse. BuzzFeed ha scritto di una conversazione privata tra il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk e il premier britannico avvenuta all’ultimo summit dei G7 in Francia, a fine agosto. Boris Johnson avrebbe detto a Tusk che avrebbe presentato una nuova proposta su Brexit la settimana successiva, ma poi non l’ha fatto. Manca ancora in questo scenario un’assicurazione sul no deal. Anche qualora il Parlamento voti la legge che lo esclude, il governo potrebbe anche ignorare il pronunciamento del Parlamento. Lo ha detto il Conservatore il Michael Gove intervistato da Bbc, aggiungendo altre polemiche al terremoto scatenato da Johnson con la decisione di chiudere il Parlamento e a più di tre anni dal referendum su Brexit che ha generato il caos nella politica britannica. La creazione di un confine rigido tra Irlanda e Irlanda del Nord, che il meccanismo del “backstop” vuole scongiurare, è un su punto su cui l’Unione Europea non è disposta a trattare. Fino ad oggi non è stata avanzata nessuna alternativa concreta.

Photo: Reuters