Alta tensione lungo i confini marittimi che separano Camerun e Nigeria. Nella notte tra il 6 e 7 settembre tre pescherecci a strascico nigeriani sono stati fermati da una nave della Marina camerunense, la Sanaga. La nave stava solcando le acque che bagnano la penisola di Bakassi (Stato nigeriano di Cross River al confine con il Camerun) quando hanno intercettato tre imbarcazioni ritenute sospette perché si trovavano in un tratto di mare in cui le attività di pesca sono vietate.

Particolari i nomi dei tre pescherecci: Olukun 1, Olokun 3 e Olokun 13. Olukun è il nome del dio del mare a cui è dovuto il popolo yoruba, gruppo etno-linguistico di circa 40 milioni di persone concentrato nell’Africa occidentale, principalmente in Nigeria.

Le imbarcazioni nigeriane, dopo un’iniziale resistenza, si sono arrese all’alt imposto dalla Marina camerunense. Le perquisizioni a bordo delle imbarcazioni hanno portato all’arresto di quaranta persone di diverse nazionalità. Secondo il colonnello Didier Badjeck, portavoce dell’esercito camerunense, gli uomini sono mercenari assoldati per dare man forte ai gruppi secessionisti che operano nelle regioni anglofone del Camerun, la regione Nord-Ovest e la regione Sud-Ovest, un tempo conosciute come Ambazonia.

Ingente l’arsenale sequestrato: molte armi (AK 47 e fucili calibro 12) e munizioni (cartucce da 7,62 mm) oltre a grandi somme di denaro. Per le persone arrestate l’accusa è di possesso di armi da combattimento, traffico di migranti irregolari e, ovviamente, pesca illegale. I tre pescherecci sono stati trasferiti nel porto di Limbe, dove proseguiranno le indagini per verificare da dove sono partiti e qual era la loro destinazione.

L’esercito camerunense è convinto che le imbarcazioni abbiano preso il mare da Bakassi, regione peninsulare nigeriana situata nello Stato di Cross River da dove si controlla l’accesso allo strategico porto di Calabar. È qui che secondo le autorità camerunensi i combattenti dei gruppi secessionisti delle regioni anglofone fanno rifornimento di armi e mercenari. «Avevano pianificato di compiere attacchi su vasta scala nelle due regioni anglofone del Camerun il 15 settembre», ha dichiarato sul loro conto il colonnello Badjeck.

Alla fine di luglio, il governatore dello Stato nigeriano di Cross River Ben Ayade aveva lanciato l’allarme sulla situazione nel porto di Calabar, parlandone come di un crocevia di almeno 27 rotte di traffici illegali (armi, droga e migranti) e come di un centro di smistamento di giovani uomini e donne reclutati per andare a combattere con i gruppi secessionisti anglofoni camerunensi. Oltre ai rifugiati camerunesi, nell’area di Calabar si riversano ogni giorno migliaia di persone di altri Paesi dell’Africa Occidentale approfittando del regime di libera circolazione in vigore tra i Paesi membri dell’ECOWAS (Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale). Prima del governatore Ayade, un allarme simile era arrivato dal ministro della Giustizia nigeriano Joe Abang: «Calabar è diventato un porto di transito per i trafficanti». Ma né il governo di Abuja né quello di Yaoundé allo stato attuale sembrano in grado di rimettere ordine in quest’area. Fin quando Calabar sarà un porto franco, l’esercito camerunense faticherà a spegnere i focolai di crisi nelle regioni anglofone.