La ribellione siriana, all’inizio una legittima rivolta popolare contro il regime, presto si era trasformata in una guerra procura che aveva come bersaglio Assad, storico alleato dell’Iran. In realtà, fino all’intervento russo del settembre 2015, questo è stato un conflitto alimentato dalla Turchia e della monarchie sunnite, ma anche dall’Occidente e da Israele, contro l’influenza della mezzaluna sciita.
Perché gli Stati uniti minacciano l’Europa con i foreign fighters dell’Isis? Trump è un hobbesiano che non ha mai letto Thomas Hobbes, scrive sul New York Times Roger Cohen. Aggiungendo: l’instabilità è inevitabile nel confronto Usa – Europa, soprattutto alla luce della riunione anti-Iran di Varsavia e del vertice di Monaco sulla Sicurezza con lo scontro tra Angela Merkel il vice presidente Usa Mike Pence.
L’annuncio che Trump intende liberare 800 prigionieri dell’Isis in Siria, se l’Europa non li processa, è diretto a intimidire gli europei che non vogliono fare la guerra all’Iran e non rispettano le sanzioni Usa. Inoltre, mentre rallenta il ritiro americano dalla Siria, è un altro messaggio alla Russia: Putin e Netanyahu stanno per incontrarsi proprio per discutere della presenza iraniana in Siria, dove lo stato ebraico bombarda con regolarità le postazioni dei pasdaran. Quella dei foreign fighters è una delle storie più intricate della guerra siriana. Gli Usa, come Turchia, Israele, monarchie del Golfo, Gran Bretagna e Francia, volevano abbattere Bashar Assad e hanno usato i jihadisti infiltrandoli dalle frontiere.
LA TURCHIA SUI JIHADISTI di Idlib, nel Nord della Siria, ha raggiunto un accordo con Russia e Iran ma gli altri protagonisti non intendono riprendersi i loro tagliagole. Chi scrive ha visto il fenomeno dell’afflusso di jihadisti in Siria sin dall’inizio, nell’autunno del 2011, quando nella città turca di Antiochia (Hatay), ai confini con la Siria, si potevano incontrare combattenti provenienti da Tunisia, Libia, Marocco e da molti Paesi musulmani, dalle repubbliche islamiche ex sovietiche e dalla Cecenia.
Non era possibile che un afflusso così consistente – si stima in 45mila il numero dei foreign fighters – di potesse realizzare senza l’appoggio della Turchia, i finanziamenti delle monarchie del Golfo e il sostegno dei servizi occidentali.
La ribellione siriana, all’inizio una legittima rivolta popolare contro il regime, presto si era trasformata in una guerra procura che aveva come bersaglio Assad, storico alleato dell’Iran. In realtà, fino all’intervento russo del settembre 2015, questo è stato un conflitto alimentato dalla Turchia e della monarchie sunnite, ma anche dall’Occidente e da Israele, contro l’influenza della mezzaluna sciita. Emblematico il fatto che a lungo gli Stati uniti e le potenze occidentali abbiano accreditato come capi dell’opposizione dei ribelli «laici» per nulla rappresentativi della guerriglia sul campo ma con facce presentabili all’opinione pubblica internazionale. Tutti sapevano che non contavano nulla e che la guerra era condotta dai jihadisti.
GLI STESSI AMERICANI, ma anche francesi e inglesi, hanno appoggiato gli estremisti islamici per far fuori il regime siriano. L’architetto di questa strategia bellica e di comunicazione è stato l’ex segretario di Stato Hillary Clinton, la cui campagna presidenziale venne finanziata dai sauditi per stessa ammissione del principe Mohammed bin Salman, il mandante dell’assassinio del giornalista Jamal Kashoggi.
Come sanno coloro che hanno seguito la guerra in Siria e in Iraq, quando nel 2014 è comparso il Califfato di Al Baghdadi a fare la prima resistenza contro i jihadisti sono stati soprattutto i pasdaran iraniani comandati dal generale Qassem Soleimani, le milizie sciite e gli Hezbollah libanesi.
Dopo la caduta di Mosul nel giugno del 2014 l’esercito iracheno si era liquefatto e senza le milizie sciite l’Isis poteva arrivare a Baghdad. I sunniti si sarebbero così presi una rivincita sulla caduta del regime di Saddam Hussein dopo l’attacco americano del 2003. A queste forze si sono aggiunti, in una straordinaria lotta per la sopravvivenza, i curdi: quando entrai a Kobane nell’ottobre del 2014 combattevano senza alcun sostegno, anzi la Turchia bastonava e arrestava i volontari che venivano in loro soccorso. Gli americani e le potenze occidentali sono venute dopo a combattere il Califfato, quando sono cominciati gli attentati in Francia e in Europa.
GLI ATTENTATI, soprattutto quelli in Francia, si spiegano con una motivazione evidente: dopo avere incoraggiato i jihadisti a combattere contro Assad, Parigi e Londra rinunciarono con gli americani a bombardare Assad nell’estate del 2013. In sintesi l’Occidente, con i soldi arabi e la logistica della Turchia, aveva tentato di abbattere il maggiore alleato dell’Iran nella regione. E quando non è andato a fondo gli alleati jihadisti si sono rivoltati.
Aprendo la questione dei foreign fighters europei Trump manda un messaggio di stampo mafioso alle potenze europee: riprendetevi i vostri tagliagole o li uso per destabilizzare ancora una volta il Medio Oriente e l’Europa se non partecipate alla coalizione contro l’Iran. Ogni uomo è lupo per l’altro uomo e tanti saluti hobbesiani.
Alberto Negri
Articolo pubblicato su IlManifesto.it

Redazione
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