Usa vs Iran, c'eravamo tanto odiati

L’Iran forse non si aspettava un colpo così duro, anche se c’erano stati alcuni segnali premonitori: il generale Qasem Suleimani era un target possibile di Israele e degli Usa, dunque era da considerare lo scenario di una sua scomparsa repentina. Insieme a ciò Teheran doveva pensare a come rispondere. E si è preparata da anni.

La Divisione Qods
La guida Alì Khamenei ha promesso una rappresaglia dura sapendo di avere molte frecce nel suo arco. L’azione può essere affidata allo stesso apparato clandestino guidato da Soleimani – la Divisione Qods -, un network esteso in tutto il Medio Oriente, con forze in Libano, Siria, Iraq e Yemen. Hanno uomini addestrati proprio a missioni di questo tipo. Da lungo tempo i servizi dei pasdaran e l’intelligence della Repubblica islamica – due entità separate – hanno mandato agenti in diversi teatri con il compito di raccogliere dati su possibili target (ambasciate, uffici governativi, installazioni militari), reclutare complici, creare case sicure. In Usa, in Europa, in America Latina, in Estremo Oriente.

Le milizie
Il secondo elemento è rappresentato dalle milizie affiliate dall’Iran e molto legate all’Apparato Qods. La crisi è stata innescata proprio dall’azione di una fazione sciita irachena che ha sparato 30 razzi su una posizione statunitense, da qui la catena di eventi fino allo strike di poche ore fa. I movimenti che possono scattare ad un ordine dei mullah sono numerosi e presenti in tutto lo scacchiere. Usano tattiche di guerriglia, dispongono di missili, sono preparati ad atti terroristici. Di nuovo, il regime sciita li ha alimentati con istruttori, denaro e armi. Mai dimenticare che sono stati gli sciiti filo-iraniani tra i primi a ricorrere alle azioni kamikaze all’inizio degli anni ’80.

Le basi
Il terzo fronte è quello delle basi americane nel Golfo Persico e nei paesi vicini. L’elenco di siti è lunghissimo, così cosi come sono tante le navi militari e civili con la bandiera Usa che incrociano lungo rotte dove l’Iran potrebbe cercare la vendetta. I missili a lungo raggio e i droni rappresentano una delle opzioni: il bombardamento dell’aree petrolifere saudite in settembre ne è la prova. Teheran ha parlato di guerra e dunque non può essere scartata un’iniziativa strettamente bellica. Infine non è da escludere l’omicidio mirato per replicare in parallelo all’eliminazione di Soleimani. Un diplomatico, alti ufficiali, funzionari di spicco sono in una situazione rischiosa.

Articolo pubblicato su Corriere.it