La piazza algerina ha vinto, e, complice l’esercito, mette fine pacificamente a vent’anni di potere di Abdelaziz Bouteflika. Il presidente algerino ha deciso di non presentarsi alle elezioni per un quinto mandato e ha rinviato il voto del 18 aprile. Poi ha fatto dimettere il premier, Ahmed Ouyahia, per rimpiazzarlo con l’attuale ministro dell’Interno algerino, Noureddine Bedoui. «La mia situazione, la mia età mi permettono soltanto di compiere il mio ultimo dovere», ha spiegato l’anziano presidente, gravemente malato dal 2013. Bouteflika ha promesso una struttura di leadership ad interim per pianificare nuove elezioni presidenziali, che si terranno «nel prolungamento» di una Conferenza nazionale per la riforma politica e costituzionale, che dovrebbe terminare i lavori entro la fine dell’anno. «Il nuovo presidente sarà liberamente eletto, la Conferenza stabilirà la data delle nuove elezioni e «io non sarò candidato», ha affermato Bouteflika in un messaggio al Paese, sottolineando che il «progetto di Costituzione sarà sottoposto a referendum popolare».

A spingere Bouteflika, rientrato ieri nel Paese, a quest’ultima mossa è stato l’esercito. «Condividiamo le stesse aspirazioni e valori del popolo per una visione comune del futuro dell’Algeria», ha avvertito il capo di Stato maggiore, Ahmed Ghaid Salah, parlando agli studenti delle scuole militari. Salah, che è vice-ministro della Difesa, aveva parlato ieri a una platea di studenti delle scuole militari del Paese. E apparentemente le parole del generale, nonostante la mancanza di riferimenti diretti alle elezioni presidenziali del 18 aprile, sono apparse come un cambio di prospettive rispetto all’inizio delle manifestazioni (il 22 febbraio), quando Salah, considerato organico alla cerchia più vicina al presidente, aveva sminuito il valore delle proteste, definendole un tentativo di «procedere verso l’ignoto» o di «tornare agli anni della guerra civile».

Inoltre, oltre 1.000 magistrati avevano minacciato di ritirarsi dalla supervisione delle elezioni, se Bouteflika fosse stato candidato. Venerdì era stata annunciata la costituzione di un nuovo sindacato chiamato «Club dei giudici», che ha annunciato il proprio sostegno alle proteste contro l’82enne presidente, il rifiuto di perseguire manifestanti, il rigetto della candidatura di Bouteflika, considerata contraria alla Costituzione, e il rifiuto di prendere parte alle commissioni elettorali se le elezioni non saranno svolte in conformità della legge. Giovedì il Consiglio costituzionale renderà nota la lista dei candidati ammessi al voto di aprile.

Il primo Paese europeo ad accogliere positivamente il ritiro della candidatura è stata la Francia, che con il ministro degli Esteri, jean-Yves Le Drian, ha «salutato» la mossa di Bouteflika e «le misure per il rinnovamento del sistema politico». La piazza, che anche oggi era stata movimentata da proteste, ha cominciato un festeggiamenti per quella che appare una vittoria, conquistata dopo un mese di manifestazioni.

articolo pubblicato su LaStampa.it