Perché l'antiterrorismo indagava sul missile di Pavia

La sezione antiterrorismo della Digos di Torino lunedì 15 luglio ha arrestato tre persone per il possesso di un missile aria-aria trovato in un hangar in provincia di Pavia. Le persone arrestate sono i due proprietari dell’hangar e l’intermediario che stava cercando di vendere il missile, lungo 3.54 metri, di fabbricazione francese e in passato in dotazione alle forze armate del Qatar. Nell’ambito di una più ampia indagine contro gruppi di estrema destra, che ha incluso i nuclei antiterrorismo di Milano, Varese, Pavia, Novara e Forlì, la Digos di Torino ha scoperto e sequestrato una grande quantità di armi da guerra. L’arsenale comprendeva nove fucili d’assalto, una pistola mitragliatrice, tre fucili da caccia, sette pistole, venti baionette, quasi mille munizioni e una serie di bandiere e cartelli con simboli nazisti.

Nel corso delle indagini, iniziate quasi un anno fa e condotte dalla questura di Torino coordinata dalla Direzione centrale della Polizia di prevenzione, erano stati individuati cinque italiani con ideologie oltranziste che avevano combattutto nel conflitto armato nella regione ucraina del Donbass con i militanti nazionalisti di estrema destra impegnati nella lotto contro i ribelli filo-russi. Attraverso queste intercettazioni la Digos è arrivata a Fabio Del Bergiolo, la persona arrestata perché possedeva il missile. Del Bergiolo aveva proposto a uno dei cinque italiani di acquistare il missile scoperto e sequestrato in provincia di Pavia. La persona a cui Del Bergiolo aveva proposto l’acquisto avrebbe però detto al telefono che era un affare troppo rischioso. Fino a due mesi fa, come riporta l’ANSA, il missile apparteneva a un’altra persona, un uomo residente a Milano che lo aveva ceduto ai due proprietari dell’hangar. Il missile, tuttavia, era privo di esplosivo e difficilmente avrebbe potuto costituire una minaccia. Anche se, a detta degli esperti, sarebbe stato possibile ri-armarlo da personale specializzato.

“Il Qatar sta lavorando con l’Italia per capire come mai un missile venduto 25 anni fa sia finito nella mani di una terza parte che non è uno Stato”, ha scritto su Twitter la portavoce del Ministro degli Esteri del Qatar. Secondo il Ministero, Doha ha venduto 40 Matra Super 530 a “una nazione amica che non è oppotuno nominare a questo punto delle indagini”. Il sito The Drive scrive che il missile aria-aria Matra Super 530F di fabbricazione francese sarebbe stato tra quelli venduti alla Spagna 25 anni fa. Nel 1980 il Qatar aveva acquistato 14 caccia Mirage F1 dalla Francia, insieme a un lotto di missili aria-aria Super 530F. Nel 1994, però, il Qatar vendette i rimanenti 13 jet in Spagna come parte di un accordo a tre vie che includeva anche la Francia. L’Air Force del Qatar ha anche venduto pezzi di ricambio per l’aereo e i rimanenti missili Super 530F alla Spagna, come parte dell’accordo. Nel pacchetto c’erano almeno 40 Super 530F . I Mirage furono ritirati e i missili disarmati e smantellati.

Perché l'antiterrorismo indagava sul missile di Pavia

I miliziani italiani in Donbass

Le persone arrestate non sono state in Donbass e non risulta che abbiano stretti legami con il conflitto. Ma la qestione del missile Matra riporta ugualmente all’attenzione dei media il tema della presenza nel teatro di crisi ucraino di cittadini italiani o di stranieri residenti in Italia. Come sottolinea la Relazione annuale sulla Politica dell’Informazione per la Sicurezza relativa al 2018, un vasto numero di estremisti di destra è andato a combattere a fianco dei separatisti filo-russi. L’operazione “Ottantotto” del luglio 2018 coordinata dalla Procura della Repubblica di Genova, ha interessato diverse persone accusate di “associazione a delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata al reclutamento di mercenari e al combattimento in un conflitto in un territorio controllato da uno Stato estero”. L’estrema destra in Italia è però divisa sulla questione della crisi in Ucraina. C’è il fronte che appoggia le istanze nazionaliste di Kiev e quello invece a favore degli indipendentisti delle regioni orientali dell’Ucraina, appoggiati da Mosca. Tale divisione trova riscontro nel teatro di crisi ucraino, dove sono presenti entrambi gli schieramenti. Come spiegato nella relazione, a muovere i militanti italiani sarebbero motivazioni sia ideologiche che economiche. A favore dei lealisti ucraini ci sarebbe una parte della destra radicale, in considerazione del ruolo svolto dai movimenti ultranazionalisti nel corso delle proteste di piazza del novembre 2013 (Euromaidan). A sostegno dei separatisti si sarebbe mobilitata invece una componente di estrema destra più numerosa, con ideologie vicine alle posizioni russe contro USA e UE. Con i filo-russi ci sarebbero anche diversi militanti dell’antagonismo di sinistra che vedono la resistenza contro il Governo di Kiev in chiave antifascista e antimperialista. Ancora secondo la relazione, la maggioranza degli italiani spinti da motivazioni politiche e ideologiche sarebbe andata nel Donbass per documentare tale “esperienza di lotta”, quindi per fini propagandistici. Solo una parte di tali soggetti sarebbe effettivamente impegnata nei combattimenti, tra questi i più numerosi sarebbero gli elementi riconducibili alla destra estrema. Poi ci sono i profili “ibridi” con esperienze pregresse nel circuito dei contractors. Il web si è rivelato uno strumento utile alla comunicazione e alla propaganda e ha aiutato le adesioni.