di Stefano Piazza

Sono passati ormai due anni dal 4 settembre 2015, giorno in cui la Cancelliera Angela Merkel aprì le porte della Germania a più di un milione di profughi, quasi tutti siriani in fuga dagli orrori della guerra. All’epoca tante furono le manifestazioni di cittadini a favore della decisione presa in “solitudine” dalla leader della CDU (Unione Cristiano-Democratica).

Resta indimenticabile quanto accadde alla stazione di Monaco di Baviera dove i profughi vennero accolti da cittadini tedeschi con striscioni di benvenuto. Sembra passato un secolo da quei giorni. Alla felicità di molti, giorno dopo giorno in silenzio si è andato contrapponendo il sentimento di milioni di tedeschi sentitisi traditi dalla Merkel. Una rabbia che per liberarsi ha atteso le elezioni politiche del 24 settembre scorso per il rinnovo del Bundestang.

La frustrazione e il risentimento di milioni di tedeschi hanno trovato facilmente casa nel partito di estrema destra AFD (Alternative für Deutschland), capace di fare il pieno di voti nonostante i contrasti al suo interno che hanno portato all’uscita di scena dell’ex leader del gruppo Frauke Petry. Per lei si è alla fine rivelato fatale il tentativo tardivo di togliere dalle liste elettorali candidati antisemiti o negazionisti come Bjoern Hoecke. La Petry, che per anni ha usato un linguaggio incendiario parlando apertamente di «deportazione» per gli immigrati, si è accorta solo sul finire della campagna elettorale di essersi spinta troppo oltre. Ma ormai i giochi erano fatti, e così AFD è riuscita a ottenere quasi cento seggi nel Bundestang. Una folta rappresentanza parlamentare che conta nelle proprie fila xenofobi e negazionisti.

Alle ultime elezioni la frustrazione e il risentimento di milioni di tedeschi per la questione migranti hanno trovato facilmente casa nel partito di estrema destra AFD (Alternative für Deutschland)

A pagare il prezzo dell’ascesa dell’estrema destra in Germania sono stati praticamente tutti i partiti. La CDU della Cancelliera Merkel rispetto all’ultima tornata elettorale ha perso circa un milione di voti. Peggio è andata all’SPD (Partito Socialdemocratico) del grande sconfitto Martin Schulz, così come alla granitica estrema sinistra della Linke.

I movimenti islamisti

In un momento difficile come quello affrontato dalla Germania, il generale calo di consensi registrato dai tradizionali partiti di massa non è però il solo problema che le istituzioni tedesche sono chiamate ad affrontare. A preoccupare è anche il tema della sicurezza dello Stato, una questione che assume ogni giorno sempre più importanza e che è direttamente legata al dilagare dei movimenti islamisti radicali. In un Paese che sta perdendo una dopo l’altra le certezze di un tempo, sono questi movimenti a conquistare cuori e menti di migliaia di giovani musulmani di seconda e terza generazione. Ma non solo. Perché grazie a un’incessante opera di proselitismo, riescono ad attrarre anche un numero sempre più rilevante di giovani tedeschi in cerca di un sistema di “valori forti” al quale affrancarsi.

Secondo il capo dei Servizi interni tedeschi Hans-Georg Maassen, nel Paese gli islamisti ritenuti organici o vicini a questi movimenti hanno raggiunto la cifra di 40.000, dei quali 1.800 sono considerati «potenzialmente pericolosi» per la sicurezza nazionale. L’islamismo tedesco ha più riferimenti. Sempre più importante è il ruolo delle organizzazioni turche come Millî Görüş (“Punto di vista nazionale”) e Türkisch-Islamische Union der Anstalt für Religion (“Unione islamica turca per gli affari religiosi”, dal turco Diyanet Isleri Türk İslam Birligi – DITIB), al centro di casi di spionaggio che hanno visto coinvolti diversi loro imam accusati di spiare turchi residenti in Germania e di fornire informazioni sul loro conto al governo di Ankara.

Secondo il capo dei Servizi interni tedeschi Hans-Georg Maassen in Germania gli islamisti ritenuti vicini ai movimenti estremisti hanno raggiunto la cifra di 40.000, dei quali 1.800 sono considerati «potenzialmente pericolosi» per la sicurezza nazionale

Intervenuto davanti alla Commissione di controllo del Bundestag, Hans-Georg Maassen ha sottolineato che in Germania gli islamisti salafiti hanno ormai “sfondato il muro” delle 10.000 unità (10.500 per l’esattezza). Di questi, la componente che potrebbe essere fonte di maggiori rischi è quella cecena. Dei ceceni si è parlato recentemente a proposito delle “ronde della sharia”, viste operare nel quartiere di Neukölln a Berlino dove gruppi di salafiti non esitano a far rispettare con la forza le rigide regole coraniche in fatto di abbigliamento e divieto di alcol e fumo.

L’emergenza nel Nordreno-Vestfalia

Alle parole di Hans-Georg Maassen fanno eco quelle del ministro degli Interni del Länder del Nordreno-Vestfalia Herbert Reul, il quale da Düsseldorf ha espresso la propria preoccupazione per i numeri che ha assunto il fenomeno islamista nella sua regione. I salafiti che controllano 70 delle 850 moschee nel Nordreno-Vestfalia sono cresciuti da 2.900 (2016) a 3.000 (2017). Di questi, 240 sono ritenuti pericolosi. Senza dimenticare che degli 850 “soldati di Allah” partiti dalla Germania per combattere in Siria e Iraq al servizio dei gruppi jihadisti negli ultimi anni, 250 (70 donne) provenivano proprio da qui. Di questi, circa 270 sono tornati in Germania e da alcuni di loro si temono azioni violente.

Non è un caso il fatto che i “predicatori dell’odio” più noti in Germania come Pierre Vogel abbiano la loro base logistica nel Nordreno-Vestfalia. Qui sono a capo di gruppi specializzati nella “dawa street” (la distribuzione del Corano nelle strade, ndr) come “We Love Muhammad” fondato da Bilal Gümüs. I riflettori sono puntati anche su Abou Nagie, predicatore di origine palestinese, il quale dopo aver evitato l’arresto nel dicembre 2016 ed essere stato condannato in primo grado nel 2017 per truffa ai danni del sistema assistenzialista di Colonia, ha spostato prudentemente il baricentro economico del suo gruppo “Die Ware Religion- Lies!” in Malesia e in Brasile. I media tedeschi hanno infine iniziato a seguire solo da poco tempo “il predicatore senza volto” Ahmad Abdulaziz Abdullah, detto Abu Walaa, che dopo quasi un anno di detenzione preventiva è da qualche giorno sotto processo. Il 33enne predicatore salafita iracheno è stato catturato l’8 novembre del 2016 insieme ad altri quattro uomini tra i 27 ei 51 anni di età. Il gruppo reclutava giovani musulmani per lo Stato Islamico, in particolare nei Lander della Bassa Sassonia e del Nordreno-Vestaflia.

I “predicatori dell’odio” più noti in Germania hanno la loro base logistica nel Nordreno-Vestfalia. Qui sono a capo di gruppi specializzati nella “dawa street” come “We Love Muhammad” e “Die Ware Religion- Lies!”

Al suo ingresso nel Tribunale Penale di Celle, in Bassa Sassonia, Abu Walaa si è coperto il volto con dei fogli di carta scomponendosi solo quando il giudice ha faticato e non poco per pronunciare correttamente il suo nome. Abu Walaa per anni è riuscito a sfuggire alla cattura sfruttando il vantaggio di non essere mai stato riconosciuto in pubblico. Il suo arresto è potuto avvenire solo grazie alle rivelazioni di un giovane “pentito del jihad”, rientrato dalla Siria dove era andato a combattere nel 2015 dopo essersi radicalizzato ascoltando i suoi sermoni.

Abu Walaa rischia adesso fino a dieci anni di carcere se verrà condannato per le sue attività di sostegno all’ISIS. Una volta dietro le sbarre, potrebbe però continuare ad adescare nuovi adepti. Quello della radicalizzazione negli istituti penitenziari è un altro problema che il nuovo governo della Cancelliera Merkel è chiamato ad affrontare da subito.