Ieri sera le forze speciali della polizia francese hanno ucciso Chérif Chekatt, l’attentatore di Strasburgo. L’Isis ha subito rivendicato la sua appartenenza. In Italia, ventiquattr’ore dopo l’attacco a Strasburgo, la Digos di Bari ha fermato un cittadino somalo per associazione con finalità di terrorismo e istigazione a commettere reati di terrorismo. Un personaggio già conosciuto dagli ambienti dell’intelligence, come quello di Strasburgo, che però è stato arrestato per pericolo imminente di fuga, forse proprio perché collegato in qualche modo con l’attentatore francese. Di quanto l’Italia sia a rischio di attentati ne abbiamo parlato con Stefano Piazza, esperto di sicurezza e terrorismo.

Il caso del somalo fermato a Bari, che non è l’unico caso del genere in tempi recenti, cosa ci dice? Si è sempre detto che l’Italia era una sorta di piattaforma per il transito dei terroristi verso il nord Europa, è cambiato qualcosa?

Sotto questo aspetto l’Italia è ancora e sarà sempre, per la posizione geografica che occupa, lo snodo centrale di queste persone. Questo però non esclude che l’Italia rischi di passare a una fase diversa.

Cosa intende esattamente?

Con il nuovo governo c’è stato un cambio delle politiche migratorie, che personalmente ritengo assolutamente giustificato, cioè una stretta all’ingresso nel nostro paese. Questo potrebbe dar vita a dei casi di persone che agiscono sul nostro territorio con attacchi o attentati per una sorte di vendetta nei confronti del governo o comunque per fare un gesto dimostrativo. Oggi rispetto a qualche mese fa c’è un pericolo concreto anche per noi.

La nostra intelligence si è però sempre distinta per aver anticipato possibilità del genere, è ancora così?

Certamente, in Italia c’è forse la miglior intelligence d’Europa. Quello che è accaduto a Strasburgo non sarebbe mai potuto succedere da noi. Non è immaginabile che le forze dell’ordine vadano a casa del sospetto per tre volte senza trovarlo. I nostri agenti sarebbero andati a colpo sicuro e lo avrebbero trovato. Queste sono situazioni che accadono in paesi dove c’è una disorganizzazione inaccettabile.

Questi personaggi, quello di Strasburgo e quello di Bari, sono pesci sfuggiti alla vecchia rete dell’Isis o rappresentano un fenomeno nuovo?

Purtroppo l’islam radicale procede in continuazione alla formazione di questi personaggi, non è un fenomeno vecchio né nuovo. Gente che è pronta all’atto violento se ne trova di continuo. La Somalia ad esempio produce questo fenomeno da decenni, dunque niente di nuovo.

E’ d’accordo che forse in Europa si era diffusa l’idea che l’allarme terrorismo fosse cessato?

Sono d’accordo. Il vero problema è che tutte le volte che accade qualcosa ci si agita, si fanno dibattiti, poi cala l’attenzione. Siamo così contenti che non si stiano verificando attacchi che vogliamo dimenticare il prima possibile. Ma la realtà è che si tratta di un fenomeno cresciuto negli ultimi 30 anni in Europa, dapprima in modo latente, poi esplosivo. E’ illusorio pensare che sia finita, dobbiamo invece pensare che almeno per i prossimi 30 anni saremo sempre in pericolo; sempre che decidiamo di contrastare questo fenomeno.

Cosa intende?

Che a parte la repressione poliziesca ci vogliono iniziative di tipo politico. La legittimazione dell’islam politico come i Fratelli musulmani in tutta Europa va affrontata, invece siamo ancora all’anno zero.

 

intervista pubblicata su Ilsussidiario.net