Domenica 13 ottobre i polacchi hanno votato alle legislative per il rinnovo delle due Camere. Il partito conservatore ed euroscettico PiS (Diritto e giustizia) si è confermato vincitore. Ma la sua strada sarà tutt’altro che in discesa
La posta in palio nelle elezioni polacche era confermare o meno la visione di Paese proposta dal partito al Governo negli ultimi anni, il PiS (Diritto e Giustizia) del Presidente Jaroslaw Kaczynski. Durante gli anni al potere e nei mesi di campagna elettorale il PiS ha fatto leva sul nazionalismo polacco e l’identità cattolica del Paese, criticando aspramente le Istituzioni europee sul tema dell’immigrazione e della giustizia. Feroce è stata la battaglia contro quella che è stata definita “ideologia LGBT”, accusata di mettere a repentaglio i valori tradizionali della società polacca. Il PiS ha potuto inoltre vantare importanti risultati economici: la Polonia nel 2019 risulta il secondo Paese europeo per crescita, con un aumento del PIL previsto del 4,4%. Il Governo ha poi investito importanti risorse nel Welfare State. In campagna elettorale le proposte riguardavano proprio questo tema: il raddoppio del salario minimo per i lavoratori dipendenti, l’aumento della spesa pubblica per la sanità e l’incremento dei fondi per il bonus natalità.
Fig. 1 – Il leader di PiS Jaroslaw Kaczynski con il Primo Ministro polacco Mateusz Morawiecki
La retorica nazionalistica e i successi economici sono stati i due motori del successo del PiS alle elezioni polacche domenica. Il partito di Kaczynski ha conquistato poco meno del 44% dei voti popolari, ottenendo la maggioranza alla Camera bassa, la Sejm, con 235 seggi su 460. Ha però conquistato solo 48 seggi su 100 al Senato. La principale forza di opposizione si conferma il partito liberale ed europeista Coalizione Civica, di cui è membro il Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Coalizione Civica ha conquistato solo 134 seggi alla Camera bassa, ma ben 43 al Senato. Dopo una legislatura fuori dalle assemblee rappresentative, una coalizione di sigle europeiste e di centro-sinistra chiamata Lewica (Sinistra), è tornata alla Sejm con 49 seggi e il 12,5% del consenso popolare, mentre può vantare solo 2 seggi al Senato. Infine, tra i partiti minori, emergono i conservatori di ultradestra di Confederazione, con 11 deputati alla Camera bassa. La mancata conquista del Senato da parte del PiS è una variabile che non può essere trascurata. È vero che, da una parte, soltanto la Camera bassa vota la fiducia al Governo. Dall’altra, però, la mancanza di una maggioranza anche nella seconda Camera potrebbe costringere il partito di Kaczynski a venire a patti con indipendenti e forze più europeiste.
Fig. 1 – Il Primo Ministro polacco Mateusz Morawiecki a Bruxelles
Proprio la variabile Europa pare allora essere la più decisiva nelle decisioni del prossimo Governo targato PiS. Se da una parte l’euroscetticismo è stato uno dei motivi della vittoria del partito di Kaczynski, dall’altra la sua classe dirigente è consapevole dell’importanza dell’Unione per il Paese. Oltre al vantaggio di essere nel mercato unico, la Polonia è il primo Stato europeo per fondi strutturali ricevuti: ben 86 miliardi tra 2014 e 2020. Questo flusso di denaro è uno degli elementi che ha favorito la straordinaria crescita economica della Polonia negli ultimi anni e che di conseguenza ha accresciuto il favore popolare del Governo. I due motori del successo del partito di Kaczynski alle elezioni polacche sembrano quindi essere in contraddizione tra di loro. Il PiS dovrà essere bravo a trovare un punto di equilibrio nei rapporti con l’Europa. Da una parte non mettendo troppo in discussione le Istituzioni comunitarie per non rischiare di pregiudicare la posizione della Polonia nell’Unione. Dall’altra parte, mantenendo toni e atteggiamenti euroscettici in politica interna per tenere calda la propria base. Un equilibrio difficile da gestire, ma necessario per il futuro del prossimo Governo polacco.
di Francesco Nasi, Il Caffè Geopolitico
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