Il dipartimento d’oltremare di La Réunion nell’Oceano Indiano è paralizzato dai disordini iniziati sulla scia delle proteste scatenate in Francia dal movimento dei gilet gialli. E le autorità locali chiedono a Parigi di mandare soldati per ristabilire l’ordine

Dallo scorso 17 novembre, la piccola isola di Réunion nell’Oceano Indiano, posizionata appena sotto il tropico del Capricorno, è teatro di violenti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, che hanno indotto il prefetto Amaury de Saint-Quentin ad ordinare il coprifuoco notturno nel capoluogo Saint-Denis e in altri 13 dei 24 comuni del possedimento francese.

La deriva violenta assunta dalle proteste, ha costretto il ministro francese dei Territori d’oltremare, Annick Girardin, a recarsi di persona a Saint-Denis per trovare una soluzione alla crisi, che come accaduto nella controparte francese, si è scatenata in coincidenza con i rincari del carburante.

Oltre duemila manifestanti con indosso i gilet gialli hanno accolto tra i fischi il ministro Girardin, dopo il suo arrivo all’aeroporto internazionale Roland Garros, nei pressi del quale risultano ancora attivi alcuni degli oltre quaranta blocchi stradali dispiegati dai dimostranti in tutti e quattro i distretti dell’isola.

La titolare del dicastero francese dei Territori d’oltremare è volata a La Réunion dopo che i leader del movimento di protesta avevano interrotto le trattative con il prefetto de Saint-Quentin. La ministra si è impegnata a dare una risposta alla popolazione locale, che rivendica misure idonee a creare più occupazione e a ridurre il costo della vita. E al suo arrivo ha dichiarato che «visiterà tutti i blocchi stradali e non lascerà l’isola senza aver prima aperto una finestra di dialogo con i gilet gialli».

Gli scontri più violenti si sono registrati nel capoluogo di Saint-Denis e nel comune di Le Port, il centro economico de La Réunion, dove ha sede la Srpp, la società petrolifera locale, il cui ingresso è stato bloccato per due giorni da decine di attivisti.

I tumulti di piazza, che hanno causato il ferimento di 39 tra gendarmi e poliziotti, di cui uno ha perso una mano a causa di una granata, hanno portato all’arresto di oltre 140 persone e alla sospensione, ancora in vigore, delle lezioni nelle scuole e nelle università. Oltre alla chiusura di tutte le stazioni di rifornimento, per evitare che gli attivisti usassero il carburante per fabbricare ordigni incendiari. Inoltre, nel corso dei disordini sono stati saccheggiati anche alcuni supermercati e ristoranti fast food McDonald’s.

Per ristabilire l’ordine, la locale prefettura ha chiesto l’invio di soldati dalla Francia e di rinforzi dalla gendarmeria del dipartimento francese di Mayotte, distante 1.435 chilometri da La Réunion.

Nel tentativo di sedare gli scontri, il presidente della regione Didier Robert ha annunciato di aver ottenuto dal governo francese il congelamento dell’aumento della tassa sui carburanti per i prossimi tre anni. Anche se il provvedimento ha ancora bisogno di essere approvato dal Consiglio regionale.

A quanto pare, il movimento dei gilet gialli ha preso piede anche su questa macchia di terra in cui il giogo dell’Eliseo è rimasto intatto. E allo stesso modo dei manifestanti, che sabato scorso hanno invaso gli Champs Elysees, anche i gilet jaunes de La Réunion invocano le dimissioni del presidente francese Emmanuel Macron.

Marco Cochi

articolo pubblicato su EastWest.eu