L’approccio della Germania all’emergenza coronavirus

L’emergenza coronavirus si caratterizza in Germania per una bassa mortalità, grazie alla quale il Paese ha potuto svincolarsi dal lockdown prima di altri. Ora incombono però su Berlino il rischio di un’ulteriore chiusura totale e un’economia provata dalle misure di contenimento

1. EMERGENZA SÌ, MA CON UNA BASSA MORTALITÀ 

La Germania è stata colpita dal coronavirus in maniera simile all’’Italia, ma con un tasso di mortalità ben inferiore. Al 10 di maggio, si contavano 168.551 casi e 7.369 decessi, con un tasso di letalità della malattia che si assesta al 2%, contro quello italiano del 12%. Tutto ciò è dovuto anzitutto alla bassa età media dei contagiati, pari a 49 anni. In secondo luogo, la Germania vanta un sistema sanitario solido, che già prima dello scoppio della pandemia poteva contare su ben 28mila unità di terapia intensiva (circa sei volte quelle italiane), e su un approvvigionamento costante di dispositivi di sicurezza e respiratori. Inoltre nel Paese c’è un sistema politico e decisionale compatto, in grado di prendere decisioni rapidamente. Ma fondamentale è stata senza dubbio la strategia adottata da Berlino già a fine febbraio, in seguito al manifestarsi dei primi focolai nella Renania Settentrionale-Vestfalia: test a tappeto e tracciamento dei contatti. Sin da subito sono stati eseguiti tamponi in massa, arrivando a una media di ben 350mila test a settimana.

 

Fig. 1 – Dipendenti di un’azienda tedesca in fila per effettuare i tamponi

2. LOCKDOWN E FASE DUE

Il 16 marzo la cancelliera Angela Merkel, in accordo coi Presidenti dei 16 länder, ha annunciato le prime chiusure, ripristinando inoltre i controlli alle frontiere. Il lockdown totale è stato deciso nella giornata del 22 marzo, guardando all’esempio italiano. Tuttavia la Germania è stata il primo Paese in Europa a pensare a un allentamento delle misure di contenimento, grazie all’iniziale andamento positivo dei dati epidemiologici. Dai primi di maggio le attività sportive all’aperto sono nuovamente possibili, così come una riapertura graduale di scuole, negozi, strutture ricettive, il tutto secondo calendari decisi dai singoli Länder. A metà maggio potrà ripartire anche la Bundesliga, il prestigioso campionato di calcio tedesco, secondo regole stringenti. Rimarrà comunque  l’imposizione del distanziamento sociale sino al 5 di giugno e il divieto di grandi eventi fino al 31 agosto. Dopo pochi giorni dall’allentamento del lockdown, però, la Germania ha visto un significativo aumento di casi e un incremento nell’indice di contagio. Questo potrebbe far sì che venga azionato un meccanismo di emergenza, per il quale, al superamento dei 50 nuovi casi per 100mila abitanti in una provincia, verrebbero prontamente riattivate le misure di contenimento. Proprio un caso del genere si è verificato già in un paio di distretti, con focolai partiti da alcuni macelli, sollevando lo spettro di un ulteriore lockdown.

 

Fig. 2 – La Cancelliera Angela Merkel

3. ANCHE LA QUARTA ECONOMIA DEL MONDO TREMA

Sebbene vanti un’economia solida, anche la Germania, quarta potenza economica mondiale, inizia ad avvertire i primi contraccolpi dovuti alla crisi da coronavirus. Il Ministero dell’Economia stima che il PIL tedesco 2020 subirà un calo del 6,3%, andando così incontro alla peggior recessione dal secondo dopoguerra. A essere colpite sono anche le grandi corporation, come la Volkswagen, maggior produttrice di automobili in Europa, che prevede un crollo dei profitti dell’81% solo nel primo trimestre 2020. Una recessione che sembra inevitabile, nonostante durante il lockdown la produzione industriale non si sia fermata del tutto, e nonostante i poderosi aiuti economici messi in campo dalle Autorità tedesche: taglio dell’IVA al 7% per bar e ristoranti per un anno; cassa integrazione per i lavoratori dipendenti; sussidi e crediti a condizioni agevolate per imprese; aiuti a famiglie in difficoltà. Anche la Germania, dunque, si prepara ad affrontare le conseguenze sul lungo periodo di un’emergenza sia sanitaria, sia economica.

Federica Barsoum, Pubblicato su Il Caffè Geopolitico