L'arresto della scrittrice Ahdaf Soueif in Egitto

Rimbalzata su molti quotidiani internazionali la notizia dell’arresto da parte delle forze di sicurezza egiziane della nota scrittrice Ahdaf Soueif e di altre quattro donne. Gli arresti sono avvenuti a seguito della partecipezione delle donne alla manifestazione per il rilascio dei detenuti per timore della diffusione dell’epidemia da Covid-19 nelle sovraffollate prigioni egiziane. Nelle prigioni egiziane ci sono almeno 196 casi di Covid-19 e sei morti, ma c’è il timore che il virus possa diffondersi anche di più.

Fortunatamente, nelle ultime ore la scrittrice è stata rilasciata dopo aver pagato una cospicua cauzionema il suo arresto è un nuovo campanello di allarme per il livello della repressione in Egitto. Le quattro donne erano state arrestate il 18 marzo mentre manifestavano pacificamente davanti al Palazzo del Consiglio dei ministri per chiedere misure serie per contrastare la diffusione del virus nelle carceri egiziane e chiedere la liberazione dei numerosi malati e anziani, nonché delle detenute in stato di gravidanza e degli innumerevoli prigionieri politici. Tra quest’ultimi anche l’ingegnere, informatico e attivista Alaa Abdel-Fattah, icona della rivolta di piazza Tahrir, che, condannato nel 2015 a cinque anni di carcere per violazione della legge anti-protesta approvata sotto il presidente Abdel Fattah al-Sisi, è stato nuovamente arrestato in settembre per manifestazioni contro il regime e recluso nel noto carcere di Tora. L’arresto delle quattro intellettuali e attiviste per i diritti umani aveva subito sollevato l’attenzione dei media mondiali nonché di Pen International, che aveva lanciato un appello per la liberazione della romanziera Soueif, nota anche come collaboratrice del famoso quotidiano The Guardian. Il giornale britannico ha pubblicato le notizie degli arresti. Nel Paese del presidente Abdel Fattah al Sisi, le visite alle prigioni sono sospese da qualche settimana per l’allarme coronavirus.

Il regime del generale al-Sisi, salito al potere nel 2013 dopo la deposizione di Muhammad Morsi, ha sviluppato un forte sistema di controllo poliziesco per garantire la solidità del regime politico egiziano. Quando nel settembre dello scorso anno diverse centinaia di egiziani sono scesi nelle piazze, si è sentito richiedere pubblicamente le dimissioni del presidente. I video diffusi su internet accusano il rais e la cerchia dell’esercito a lui vicina di sprecare fondi pubblici per i lussi dei privati e in traffici illeciti. Tali video sono riusciti a generare un importante dibattito all’interno della società civile.

Le manifestazioni delle ultime settimane hanno lanciato un chiaro messaggio di protesta dettato da una situazione economica solo a tratti in ripresa. Mentre gli indicatori macroeconomici sembrano evidenziare un aumento della crescita economica, sostenuta dal prestito concesso dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e dal credito dell’Arabia Saudita, nei fatti più del 32% della popolazione vive al di sotto del livello di povertà e le prospettive di ripresa economica sembrano ancora lontane dal ristabilire una reale distribuzione sociale, sopratutto nelle ultime settimane con il diffondersi dell’emergenza internazionale della pandemia.

Un rapporto dell’organizzazione per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch, denuncia un livello di repressione del dissenso da parte del governo del generale tanto pervasivo da riguardare anche i giovanissimi e i bambini. Le forze di sicurezza egiziane avrebbero arrestato arbitrariamente, fatto sparire e torturato ragazzi e bambini, anche dodicenni.

Nel rapporto di 43 pagine, HRW sostiene di aver documentato abusi contro 20 ragazzi di età compresa tra 12 e 17 anni al momento dell’arresto. Quindici di loro hanno dichiarato di essere stati torturati in detenzione preventiva, di solito durante un interrogatorio tenuto mentre erano in isolamento. Sette bambini hanno riferito che gli agenti di sicurezza li hanno torturati con l’utilizzo di sistemi elettrici, incluso il “taser”. Human Rights Watch (HRW) esorta gli Stati Uniti, la Francia e altri paesi dell’Unione Europea a fermare il loro sostegno al governo egiziano fino a quando le autorità non prenderanno misure verificabili per porre fine agli abusi e punire i responsabili.

L’Organizzazione internazionale per la tutela dei diritti dell’uomo chiede alle democrazie europee di privilegiare i rapporti diplomatici per rafforzare lo stato di diritto, contrastando la ragion di stato, e di non guardare ai soli scambi economici e commerciali senza pretendere rispetto per le procedure e i meccanismi alla base delle democrazie liberali.