Libia, bombardato centro per migranti a Tripoli

Almeno 53 migranti sono stati uccisi in Libia da un attacco avvenuto nella notte tra martedì e mercoledì a Tripoli. Il bilancio è ancora parziale e i feriti sarebbero 130. Ad essere colpito dai raid un hangar nel quartiere di Tajoura che ospitava quasi 120 migranti. Il Governo di unità nazionale (GNA), riconosciuto dalla comunità internazionale, ha accusato il “criminale di guerra” Khalifar Haftar di essere il responsabile di questo “crimine efferato”. Il governo di Tripoli attraverso un comunicato ha definto i raid un attacco premeditato e preciso condotto con l’intenzione di colpire il centro per migranti. La maggior parte delle vittime dovrebbe avere origini africane, migranti arrivati in Libia con lo scopo di raggiungere l’Europa. Il sobborgo di Tajoura, dove si trovava il centro, è regolarmente preso di mira dalle forze di Haftar, riferisce AFP. “L’UNHCR è estremamente preoccupata per i bombardamenti e per la notizia della morte dei migranti del centro di Tajoura a Tripoli. I migranti non dovrebbero mai essere un obiettivo”, il tweet dell’agenzia Onu per i rifugiati.

 


Lunedì 1 luglio Haftar aveva annunciato imminenti e pesanti bombardamenti su Tripoli, visto il fallimento degli “strumenti tradizionali”. L’offensiva delle forze del generale su Tripoli va avanti da inizio aprile. Michela Mercuri, docente di Storia contemporanea dei Paesi mediterranei all’Università di Macerata e autrice dei saggi “Incognita Libia” e “Migrazioni nel Mediterraneo”, descriveva così su Il Sussidiaro.net la situazione sul terreno a fine giugno:

“L’ex uomo forte della Cirenaica, che pensava di far capitolare Tripoli in 48 ore, così per lo meno andava dicendo nei social, è fermo da mesi, sovrastato dalle potenti milizie di Misurata, fedeli – più per convenienza che per reale convinzione – al leader del governo riconosciuto dall’Onu. Forse Haftar era stato mal consigliato sulla facilità dell’avanzata verso Tripoli dai suoi alleati regionali (Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita) o, forse, la differenza, per le milizie dell’ovest, l’hanno fatta i costanti flussi di armi degli “amici” turchi. Qualunque sia il motivo di questo stallo una cosa, al momento, appare certa: il re è nudo. Le milizie al soldo di Haftar paiono stanche e demotivate, mentre quelle alleate a Tripoli sempre più aggressive e fiduciose nelle loro capacità”.

Gli attentati che hanno colpito di recente la Tunisia “dimostrano che il paese in questo momento è in grave pericolo” e che andrebbe “supportato non solo per renderlo un porto sicuro” per i migranti, ma anche “per ripristinare le condizioni di sicurezza interna”, ha detto oggi ad Agenzia Nova Michela Mercuri. “La Tunisia risente di quello che succede in Libia: se non sistemiamo la situazione nella parte occidentale del paese, chiaramente una delle prime vittime sarà la Tunisia”, ha aggiunto la docente. La Tunisia, spiega Mercuri, sta pagando le conseguenze della guerra in corso in Libia anche per quanto riguarda la questione migratoria. Gli “sbarchi fantasma” partono dalle coste della Tunisia e “sono anche più numerosi” degli arrivi dalla Libia. “La Tunisia è un paese piccolo e fragile che sta cercando di riprendersi tra mille problemi economici. Le porose frontiere nell’est del paese, dove c’è una guerra, consentono il rientro di jihadisti e questo è un ulteriore pugno a un paese che sta cercando rialzarsi: non è un caso che questi attentati stiano avvenendo nel momento in cui c’è un livello di massima destabilizzazione nella Libia occidentale”, ha infine commentato Mercuri.

 

Photo: The Libya Observer, via Twitter