Nelle relazioni diplomatiche tra Libia e Tunisia continua a tenere banco la questione della frontiera. E, non a caso, la sua messa in sicurezza sembra essere di fondamentale interesse anche per l’Europa.

 

Il confine visto dalla sponda libica

Il confine occidentale della Libia continua a essere in preda al caos e all’ingovernabilità. Si tratta di un territorio difficile, in cui i locali capi tribù ricoprono un ruolo determinante sia nel traffico di migranti che nel contrabbando di merci verso i Paesi vicini. Ne è perfettamente consapevole il presidente tunisino Essebsi, da sempre timoroso che i flussi migratori che si riversano sulla Libia possano estendersi anche alla Tunisia. Questa preoccupazione si è materializzata lo scorso novembre, dopo lo sgombero della cosiddetta Maison Blanche, un centro di detenzione illegale situato nella città di Sabrata.

L’evacuazione forzata imposta dal governo libico ha costretto molti migranti a scappare e a passare la frontiera, mettendo scompiglio e agitazione tra le autorità tunisine. L’instabilità regna sovrana anche nella vicina Zuara, a 60 chilometri dal confine. Da qui continuano a partire barconi di migranti alla volta dell’Europa, nonostante l’attività di contrasto messa in piedi dal DCIM (Directorate for Combatting Illegal Migration) del governo libico. A questo “business” si aggiunge anche la gestione di commerci illegali. Secondo l’Istituto Tunisino di Studi Strategici (ITES), il 76,8% delle merci che dalla Libia arriva in Tunisia è frutto di attività illegali legate al contrabbando. Il principale prodotto di importazione illegale è il carburante prodotto nelle raffinerie petrolifere libiche. Un giro d’affari milionario, che insieme al traffico di migranti ha fatto crescere esponenzialmente il potere economico e politico dei capi-clan libici.

 

Il confine visto dalla sponda tunisina

La frontiera con la Libia ha rappresentato per tanto tempo un’autentica “terra di nessuno”. Solo recentemente il Ministero della Difesa tunisino ha investito 18 milioni di euro per rafforzare il pattugliamento del confine, ai quali si sono aggiunti anche gli aiuti esteri forniti dall’Occidente. Lo scorso anno, infatti, Stati Uniti e Germania hanno deciso di stanziare quasi 50 milioni di dollari per dotare la Tunisia di strumentazioni di rilevamento ad alta tecnologia, con il fine di rafforzare le misure di sicurezza nel Sud. Il sistema difensivo permanente della Tunisia si estenderà per 180 chilometri e sarà concluso nel 2020.

Nel frattempo, però, la situazione continua a essere difficile, soprattutto per quel che riguarda la gestione dei flussi migratori. In questo senso le fragilità della Tunisia ricadono soprattutto nella zona di Medenine. Nel Sud del Paese il sistema di accoglienza dei migranti diretti o provenienti dalla Libia si concentra interamente in questa piccola e povera cittadina. A garantire le necessarie misure di assistenza vi sono due appositi foyer: il primo, denominato Al-Hamdi, è gestito dalla Mezzaluna Rossa tunisina, mentre il secondo, Ibn Khladoun, è a gestione UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati). Si tratta però di un sistema precario, incompleto, e per nulla in grado di gestire dignitosamente le emergenze che ciclicamente ricorrono.

 

Quali prospettive nei rapporti tra i due Paesi?

La delicata situazione del confine ha causato numerosi momenti di tensione tra Tripoli e Tunisi. Il presidio della frontiera sembra essere dunque di interesse comune a entrambi i Paesi, anche sulla base delle rispettive relazioni con l’Europa. Infatti la strategia in materia di controllo dei confini e di contrasto all’immigrazione irregolare sembra proprio ispirarsi al concetto tutto europeo di “esternalizzazione delle frontiere”, che però sembra aver avuto effetti opposti rispetto a quelli desiderati.

Altrettanto deludenti sembrano essere anche i risultati sul contrasto al contrabbando illegali di merci, che al di là di qualche breve momento di crisi, non ha mai conosciuto una vera interruzione. La partita del confine, dunque, resta un banco di prova anche per il futuro. Tra dubbi, diffidenze e promesse fatte all’Europa, Tunisia e Libia continuano a ridisegnare le loro relazioni diplomatiche giorno per giorno. Il loro rapporto è paragonabile a quello tra due dirimpettai che si guardano con reciproco sospetto, ma che sono costretti ad andare d’accordo per l’interesse di tutto il vicinato.

di Alessandro Paglialunga – Il Caffè Geopolitico