Libia, droni Turchia

La guerra civile in Libia va avanti ormai da tre mesi e somiglia sempre di più a un conflitto per procura tra potenze straniere. Il capo del comando dell’aviazione libica fedele ad Haftar, il generale Mohammed Manfour, la settimana scorsa ha denunciato la presenza di 30 esperti militari, piloti e tecnici turchi nella base aerea di Mitiga a Tripoli. Le forze di Haftar alcuni giorni fa avevano rivendicato di aver distrutto un drone turco che li aveva attaccati. Mohammed Manfour alla fine della scorsa settimana aveva riferito di un drone turco decollato da Mitiga che avrebbe effettuato un volo di ricognizione sulle posizioni delle forze dell’esercito nazionale libico, Lna.

 

I turchi hanno un contingente militare dentro l’aeroporto di Tripoli per guidare alcuni droni da combattimento che sono stati avvistati e filmati in volo negli ultimi due giorni. Questa notizia conferma che la guerra civile in Libia ormai entrata nel terzo mese è sempre di più un conflitto fra potenze regionali, che continuano a mandare armi e, in questo caso, soldati. E’ impossibile che siano i libici a pilotare questi apparecchi perché non hanno le competenze necessarie. Nè possono essere pilotati a distanza dalla Turchia.

Nonostante l’embargo delle Nazioni unite, in Libia continuano a riversarsi moltissime armi da guerra. L’avanzata dell’esercito del generale Khalifa Haftar verso Tripoli in questi giorni è in una situazione di stallo. Il che non significa che non si spari da una parte e dall’altra: venerdì ci sono stati scontri a Zawiya e intorno all’aeroporto di Mitiga. L’offensiva di Haftar, iniziata il 4 aprile e che doveva durare pochi giorni, rischia di trasformarsi in una guerra per procura tra potenze mediorientali. Se l’uomo forte della Cirenaica è spalleggiato dall’Egitto e dagli Emirati arabi uniti, il Qatar e la Turchia appoggia da anni il governo di Accordo nazionale (Gna) di Fayez al Serraj. Il Gna è l’unica entità riconosciuta dall’Onu, ma la solidarietà di Ankara dipende più che altro dall’affinità con le milizie legate alla Fratellanza musulmana che controllano Tripoli e con le quali si è schierata subito dopo la caduta di Gheddafi. Ad aprile Erdogan ha chiarito che la Turchia “farà tutto il possibile per prevenire lo scenario siriano in Libia”. Eppure Ankara, non potendo fare la pace, si prepara alla guerra.

A fine maggio diversi veicoli blindati di fabbricazione turca erano sbarcati nel porto della capitale libica, trasportati dalla nave “Amazon”, battente bandiera moldava. Poi, nella notte del 3 giugno, le forze dell’autoproclamato Esercito nazionale libico di Haftar hanno annunciato di avere abbattuto un “drone” turco “che stava bombardando in maniera indiscriminata i quartieri e le aree residenziali di Ghadian”, a sud di Tripoli. Più che di un drone, dalle immagini diffuse su internet, pare si trattasse di un biturboelica (forse il King Air 65-90 costruito dalla Beechcraft, dicono alcuni esperti).

Giovedì scorso, il capo del comando dell’aviazione libica fedele ad Haftar, il generale Mohammed Manfour, ha denunciato la presenza di 30 esperti militari turchi che lavorano per le milizie alleate con il Gna. Un’informazione da prendere con le dovute precauzioni ma che sembra essere verosimile. Soprattutto acquista credibilità se si osservano i video diffusi oggi sul web da diversi profili che si occupano di intelligence e conflitto libico. Si vede un drone – che è stato identificato nel Bayraktar TB2 UCAV sviluppato per le forze armate turche – che atterra all’aeroporto di Mitiga.

Di Enrico Cicchetti, articolo pubblicato su Il Foglio, continua a leggere l’articolo nella versione integrale