L’impatto del coronavirus sull'economia in Africa

In Africa rischiano di morire tra le 300mila e i 3,3 milioni di persone a causa del coronavirus se non verranno adottate misure per mettere fine alla sua diffusione. Il 56% della popolazione urbana si trova in zone marginali e senza servizi di base e solo il 34% ha la possibilità di lavarsi le mani con regolarità.

Inoltre, il 71% della forza lavoro svolge attività artigianali, non professionali e non può lavorare da casa, senza dimenticare che il 40 % dei bambini minori di 5 anni risulta denutrito. L’Africa è il continente con il maggior numero di malattie come l’HIV o la tubercolosi. L’impatto del virus sull’economia africana potrebbe spingere 27 milioni di persone in estrema povertà.

Anche se la diffusione del coronavirus non dovesse essere così importante nel continente africano, il danno economico resta comunque considerevole. Il prezzo del petrolio, che rappresenta il 40% delle esportazioni del continente africano, si è dimezzato e la filiera legata all’export del continente, come quella dei tessuti, è precipitata a minimi storici.

Il turismo, che rappresenta quasi il 40% del PIL di numerosi paesi africani, è fermo, così come gli spostamenti aerei che sostengono il turismo e gli incontri di business. Se nel continente europeo c’è il rischio che numerose imprese debbano affrontare enormi problematiche alla ripresa dei lavori, in Africa potrebbero non recuperare più. L’emergenza legata ai disordini sociali è preoccupante e i governi potrebbero perdere il controllo e la gestione sull’amministrazione pubblica. Per tutelare il sistema economico africano sono necessari immediatamente 100 miliardi di dollari, sostenere il reddito del continente e modernizzando il sistema ospedaliero. Forniture mediche, kit di test, vaccini e aiuti al settore privato per emergere dalla crisi sono risposte necessarie per la ripresa. I Paesi africani hanno indubbi benefici dagli investimenti stranieri ma dovrebbero poter regolamentare questi flussi finanziari tramite leggi che oggi non hanno.

Inoltre, il livello di assistenza non ha precedenti poiché sono necessari finanziamenti, arresto del debito, migliore accesso alla comunità internazionale e al credito e stimoli per la crescita economica. Colmare tale divario significa affrontare le necessità più urgenti nella logistica, sanità, energia e telecomunicazioni, gettando le basi per una diversificazione economica capace di ridurre la vulnerabilità dei paesi africani, in larga parte esportatori di materie prime, agli shock e dotare le finanze pubbliche di una fonte di entrate più stabile e prevedibile, con l’effetto di minimizzare un’importante fonte di rischio politico.

Un rapporto economico e sociale che lega il continente africano con quell’europeo. «L’Africa è il partner naturale e il vicino dell’Unione europea. Insieme possiamo costruire un futuro più prospero, più pacifico e più sostenibile per tutti», ha recentemente dichiarato in una nota la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.

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La nota positiva è che i membri del G20, che si sono riuniti virtualmente sotto la presidenza di turno dell’Arabia Saudita, hanno accolto la proposta di moratoria sul debito dei paesi più poveri, avanzata dal G7. Hanno sospeso i pagamenti di 76 paesi in difficoltà, di cui 40 si trovano nell’Africa subsahariana, a partire dal 1 maggio e fino alla fine del 2020, con possibilità di proroga per il 2021 e permettendo di investire tutte le risorse nel contrasto alla pandemia.